Donne che resistono nel giusto

In tutto il mondo si va sempre più consolidando la consapevolezza del ruolo peculiare delle donne in ogni campo dello sviluppo dellUmanità. Il contributo della specificità femminile, il suo valore aggiunto, nutrito di capacità inclusiva e di ascolto, di apertura al mondo e di cooperazione, di intreccio di rapporti e di solidarietà, di caparbietà e determinazione, di senso di giustizia e di pietà, non è più in discussione.

Anche nel campo del progresso sociale, nellimpegno per debellare la piaga della povertà e le diseguaglianze, per vincere le discriminazioni di ogni tipo, a partire da quelle che subiscono in prima persona per la propria condizione femminile, le donne sono in prima fila.

Nel mondo occidentale le loro battaglie per vedere riconosciuti i propri diritti al pari degli uomini, hanno contribuito alla crescita complessiva della società, a un maggiore benessere umano e civile.

Il passaggio al nuovo millennio ha visto tuttavia affacciarsi sullo scenario internazionale le nuove sfide della globalizzazione, della crisi economica, dei Paesi emergenti, con lo scoppio di nuovi conflitti e lacuirsi delle contraddizioni insolute, che penalizzano ancora una volta luniverso femminile prima di ogni altra condizione e mettono a rischio le conquiste tanto faticosamente ottenute.

La reazione non si è fatta attendere: seppure a fatica, si va affermando una nuova volontà di uscire dallisolamento e dallanonimato, dalla subordinazione, dallabbrutimento e dallumiliazione, delle donne più consapevoli e coraggiose, avanguardie di un movimento trasversale, che non ha confini geografici, connotazioni nazionali, etniche, politiche o religiose; un moto di ribellione che ha molto a che fare con la difesa dei diritti umani fondamentali e per questo travalica quei confini, rifiutando ogni logica di appartenenza che in nome di una malintesa identità sacrifichi la dignità umana.

DallAfrica allAsia allAmerica Latina, troviamo giornaliste, studentesse, religiose, attiviste, militanti politiche, che arrivano a rischiare la vita per smascherare torturatori e assassini, per rivendicare uguaglianza e rispetto, per chiedere condizioni di vita e di lavoro dignitose, libertà e democrazia.

L’8 marzo nel Giardino dei Giusti al Monte Stella di Milano verranno piantati sei alberi a ricordo e sostegno di altrettante donne che si sono distinte per l’impegno quotidiano di resistenza civile e morale. Ecco chi sono:

Halima Bashir

Halima Bashir, giovane medico del Darfur, che ha avuto il coraggio di denunciare e testimoniare gli stupri delle milizie Janjaweed e per questo è stata a sua volta violentata. Tornata al villaggio, le uccidono il padre ed è costretta a fuggire. Rifugiatasi in Inghilterra, ha scritto un libro di denuncia, Lacrime nel deserto.

Vian Dakhil, attualmente deputata del Parlamento in Iraq, è lunica yazida a ricoprire questa carica. Nel 2014 in Parlamento ha rivolto un accorato appello per gli yazidi intrappolati nei Monti del Sinjar, accusando lISIS di genocidi. Ha subito attentati e rischia la vita ogni giorno per la sua lotta contro lo Stato Islamico nemico delle donne.

Sonita Alizadeh, rapper afghana di Herat, che si batte contro la pratica delle spose bambine ed è espatriata negli Stati Uniti per studiare, dopo le minacce di morte. Già molto nota, ha partecipato a ottobre al forum delle donne di tutto il mondo a Londra.

Flavia Agnes, avvocatessa indiana, coraggiosa attivista per i diritti delle donne di ogni ceto e religione, contro la violenza di genere e per una legislazione che le tuteli. Ha fondato la ONG Majlis (Centro legale e culturale), che si occupa dei diritti delle donne in ambiti pubblici e privati, sia in riferimento alla condizione femminile delle cristiane che delle musulmane e indù e assiste inoltre le donne violentate.

Azucena Villaflor per le madri di Plaza de Mayo, che negli anni 70 hanno osato sfidare la dittatura argentina, invocando verità e giustizia per i propri cari “desaparecidos”, anche a costo della vita, come è accaduto ad Azucena, gettata in mare da un aereo della morte. Hanno testimoniato, come madri a cui è stato negato il diritto al legame con i propri figli, lopposizione a un regime sanguinario, la voglia di libertà dellintera nazione.

Felicia Impastato, che ha saputo uscire dallatavica subordinazione di donna del Sud, sfidando la morte civile dellisolamento e del disprezzo sociale, col rivendicare prima la propria estraneità allambiente delle cosche, contro il marito legato al clan Badalamenti, e poi verità e giustizia per il figlio Peppino, ammazzato dalla mafia nel 1978.

Gariwo Onlus

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