di Elena Borravicchio
Più risorse che criticità. E questo il leitmotiv dell’Associazione di Volontariato e-lab Onlus, dove “e” è scritto simbolicamente come una freccia, che scocca da un arco, rivolta all’insù, a rappresentare il giovane, lanciato dall’adulto, verso il suo futuro. E-lab si spende da 18 anni nel progetto di Doposcuola San Biagio, che si svolge nei locali dell’oratorio, della parrocchia omonima di Monza.
Il doposcuola rappresenta un luogo educativo cruciale per il territorio, impegnato nella prevenzione al disagio giovanile attraverso il contrasto alla dispersione scolastica. Avvalendosi, da alcuni anni, anche del metodo scientifico “Diagramma Polare” o “Zoom Approach”, della Fondazione Emanuela Zancan Onlus, “addomesticato” per la realtà propria del doposcuola dal professor Gerolamo Spreafico.
Concretamente, l’associazione propone un aiuto educativo e didattico per i ragazzi che frequentano gli istituti di zona e un orientamento nel mondo della scuola per le loro famiglie. “Se la scuola intuisce difficoltà in un ragazzino ce lo segnala – ha spiegato Cristina Tomatis Mauri, presidente dell’associazione – oppure i ragazzi arrivano con il passaparola o per seguire il compagno”. La particolarità in questo servizio è l’organizzazione capillare: tutti gli operatori, professionali e volontari, affrontano colloqui di selezione dettagliati e, una volta avviata l’attività, frequentano durante l’anno dei corsi di formazione.
Anche le famiglie vengono immediatamente coinvolte: “Il doposcuola prende in carico la famiglia intera, che, di solito, accoglie volentieri le nostre proposte: i genitori infatti sono sensibili al tema del disagio scolastico. Il servizio è gratuito ma i genitori, a inizio anno, devono firmare un contratto di collaborazione. Alcuni si impegnano nelle pulizie dei locali, altri a preparare la merenda per tutti e non solo per i loro figli, altri realizzano lavoretti manuali con i ragazzi. Questo contribuisce a creare un senso di appartenenza”.
Gli operatori professionali sono due: un’insegnante con esperienza nell’ambito dell’educazione, Federica Bonanno e una psicologa, Anthea Radaelli. I volontari sono 74, tra “giovani” pensionati, adolescenti di Prima e Seconda Superiore e alcuni universitari e affiancano i ragazzi nei compiti, da uno a quattro pomeriggi la settimana, in rapporto uno a uno.
Gli allievi frequentano la Scuola Primaria, la Scuola Secondaria di Primo e di Secondo Livello, fino alla Seconda. Il Doposcuola propone anche laboratori creativi (di percussioni, street art, gusto, thai boxe per i maschi e yoga per le femmine, rugby, calcio, manutenzione della bici), volti soprattutto a proporre esperienze positive di crescita. Dalla Seconda Media, inoltre, vengono organizzati due incontri con le famiglie, incentrati sulla conoscenza del sistema scolastico italiano (spesso si tratta di genitori immigrati), per mettere a fuoco il desiderio del figlio, le sue caratteristiche e talenti.
“Tante volte il desiderio di un ragazzo è spinto da motivazioni scorrette: per esempio scelgono quella scuola perché la frequenta la loro amica. Talvolta c’è il pregiudizio dei genitori: chi frequenta una scuola di livello superiore è più bravo. Ci sono genitori che delegano completamente la scelta della scuola, altri che la scelgono in prima persona senza neanche interpellare il ragazzo” – ha spiegato ancora Cristina Tomatis – “In terza media proponiamo un test attitudinale, che ci dà l’occasione di discutere con i ragazzi: siamo convinti che abbia più valore la consapevolezza del ragazzo che non il risultato. Dopo il test si procede all’iscrizione e tante volte siamo noi operatori a iscrivere lo studente online, a spiegargli con quali mezzi pubblici raggiungere la scuola. Talvolta lo accompagniamo all’open day. Capita spesso che la persona scelga una scuola diversa da quella pensata insieme, andando magari incontro a una bocciatura. In quel caso si ricomincia il percorso: altro colloquio, altro test, altra scuola.
Il metodo, basato sui grafici a torta, del professor Spreafico ha aggiunto qualcosa di più alla modalità, già tutt’altro che casuale, dei volontari. Il sistema, infatti, aiuta gli operatori a conoscere meglio i ragazzi, registrando di volta in volta le loro impressioni sul singolo studente e aggiornandole periodicamente . Gli assi del progetto educativo si sono declinati in quattro aree fondamentali: cognitiva, funzionale-organica, socio-relazionale, benessere. Solo all’interno della prima area si considerano le materie critiche; nelle altre aree si mettono a fuoco invece l’organizzazione del tempo e dei materiali, l’igiene e la cura personale, la relazione con i pari, con gli adulti e con se stessi nonché la motivazione e la capacità di pensarsi nel futuro con progettualità su di sé. È evidente l’approccio ampio, oserei dire completo, alla persona dello studente in difficoltà, mutuato naturalmente dal rapporto personale con il volontario.
Questo metodo ha prodotto notevolissimi risultati e, soprattutto, ha cambiato la visione valutativa: “inizialmente, infatti, sembrava servisse individuare quali fossero le difficoltà degli alunni, per, successivamente, intervenire e curarle. Nel corso di questa prima esperienza valutativa, invece, si constata l’esigenza di avvicinarsi, anche in fase di analisi, ai propositi del Doposcuola nel voler essere mezzo di valorizzazione dei propri utenti. Da qui la considerazione di poter rilevare non le problematiche ma le potenzialità del soggetto, rovesciando dunque la visione dal voler ridurre ad voler espandere” (Giulia Gobbi e Girolamo Spreafico, “Agire e pensare l’educazione“, p.115).
“Attraverso questo metodo di indagine sarà possibile agire su ciascun soggetto, zoomando un intervento, ove ritenuto necessario, per poi mapparlo più dettagliatamente. Un esempio: guardando i soggetti in sperimentazione, potrebbe essere il focalizzare l’attenzione soprattutto sull’area cognitiva e del benessere, programmando interventi rivolti alla didattica, all’implementazione delle competenze informatiche o alla riflessione del soggetto su di una più approfondita conoscenza di sé, nonché alla progettazione del percorso ricrescita personale”. (Ibidem, p.116)
Si può dire raggiunto, e forse addirittura superato, l’obiettivo, sognato 18 anni fa, dalla generosa fantasia di due mamme, che al pomeriggio, in casa, aiutavano alcuni compagni dei propri figli, in difficoltà sui banchi di scuola. “Oggi frequentano il Doposcuola San Biagio circa 50 ragazzi e 45 famiglie, circa 90 utenti – ha specificato Cristina – Abbiamo la sensazione di essere un forte riferimento per loro. Per fortuna siamo inseriti in un’ampia rete di sostegno, a partire dalle fondazioni che finanziano i nostri progetti, in questo momento Fondazione Monza Brianza e F. Vismara, e dai consulenti volontari di Manageritalia, professionisti che da un anno stanno al nostro fianco.”
“Ricordo il caso di un ricongiungimento – racconta Cristina – Una coppia di fratelli era arrivata dalla Libia per raggiungere i genitori. Appena arrivati, i bambini subirono un lutto grave in famiglia. La mamma dovette farsi carico del sostegno della famiglia. I ragazzi erano molto bravi a scuola (il livello culturale della famiglia, nel loro paese, era molto buono). Uno dei due fratelli proseguì bene, l’altro ebbe un intoppo, cambiò scuola, e, dopo aver studiato tutta l’estate, sostenne con successo gli esami integrativi a settembre. Per lui fu un passaggio di crescita. Poi ebbero entrambi un percorso scolastico buono. Per fortuna la mamma trovò lavoro e una casa. Anche dopo la fine del percorso scolastico, continuò un bel rapporto di amicizia con loro, tanto che il fratello maggiore venne a fare volontariato con i bambini della sua provenienza nazionale”. Come si dice? Se son rose, fioriranno.
Per chi fosse interessato a contribuire: IBAN IT40 U033 5901 6001 0000 0101 475 Per chi volesse sostenere il doposcuola San Biagio con il 5×1000: C.F. 94625240158