Dostoevskij e i suoi demoni

Dostoevskij_1876di Francesca Radaelli

Nasceva a Mosca l’11 novembre 1821 Fëdor Michajlovič Dostoevskij, vero gigante della letteratura russa, autore di romanzi memorabili e creatore di  personaggi indimenticabili. Come Raskol’nikov, lo studente di Delitto e Castigo, condannato a vivere nel tormento dei sensi di colpa per l’omicidio di un’anziana usuraia e della sorella innocente di questa. Oppure il principe Myskin dell’Idiota, il ritratto dell’uomo “assolutamente buono”, in cui lo scrittore tenta la rappresentazione di una sorta di Gesù Cristo contemporaneo. O ancora il vecchio Karamazov, privo di scrupoli, tremendo e dissoluto, e i suoi tre figli, protagonisti dell’ultimo grande capolavoro dello scrittore, I fratelli Karamazov, appunto.

Personaggi tormentati, dilaniati da passioni smisurate, preda di terrori religiosi o di ideologie sovversive. Protagonisti di vicende tragiche e grottesche, che si susseguono all’interno delle atmosfere cupe e cariche di tensione, tipiche delle opere dello scrittore russo. La cui cifra stilistica è l’analisi psicologica degli attori che popolano i suoi romanzi riempiendoli di dialoghi, monologhi e soliloqui, in cui si riflette l’interiorità tormentata dello stesso Dostoevskij.

Monumento a Dostoevskij a Omsk, in Siberia, dove lo scrittore fu deportato
Monumento a Dostoevskij a Omsk, in Siberia, dove lo scrittore fu deportato

Nato da un padre tirannico di nobili origini, che verrà assassinato dai suoi stessi contadini, il giovane Fëdor studia alla Scuola Superiore del genio militare di San Pietroburgo, e ottiene i gradi di sottotenente dell’esercito, ma abbandona presto la carriera militare.

Nel 1849 dopo aver già pubblicato i primi libri ed essersi avvicinato ad ambienti nichilisti e socialisti, viene arrestato per aver partecipato a una società segreta con scopi sovversivi e condannato a morte, insieme ad altri venti imputati. Si trova già davanti al plotone di esecuzione quando gli viene comunicata la decisione dello zar Nicola I, che ha deliberato di commutare la pena capitale in quattro anni di lavori forzati in Siberia. Una vicenda traumatica, che lo segna profondamente e da cui scaturiscono diverse pagine dei suoi romanzi.

Dove mai ho letto – scriverà Dostoevskij in Delitto e Castigo – che un condannato a morte, un’ora prima di morire, diceva o pensava che, se gli fosse toccato vivere in qualche luogo altissimo, su uno scoglio, e su uno spiazzo così stretto da poterci posare soltanto i due piedi, anche allora avrebbe preferito vivere che morir subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere in qualunque modo, ma vivere!”

Rientrato in patria, pubblica molte delle sue opere più famose a puntate su varie riviste russe. I molti debiti, contratti anche a causa del vizio del gioco, lo costringono, nel 1867, ad abbandonare la Russia per un periodo, recandosi in Europa con la moglie. Nell’ultima fase della sua vita, dopo aver rinnegato nei Demoni nichilismo e materialismo,  si lega agli ambienti più conservatori e vicini all’autorità religiosa ortodossa, senza però perdere la tormentata complessità del suo pensiero. Nei Fratelli Karamazov, l’ultimo capolavoro, completato nel 1880, pochi mesi prima della morte, proprio il tema religioso è uno degli aspetti al centro delle discussioni tra i protagonisti e si manifesta nel famosissimo apologo del Grande Inquisitore, forse la sezione più celebre del romanzo.

Dostoevskij, ritratto di Vasilij Perov
Dostoevskij, ritratto di Vasilij Perov

Insomma, a quasi due secoli di distanza il grande autore russo non è certo una lettura leggera, le riflessioni arzigogolate che riempiono le sue pagine appaiono decisamente demodé ai tempi dei 140 caratteri di Twitter e dei best seller pieni di colpi di scena. Ma forse proprio per questo varrebbe la pena di riprendere in mano uno dei suoi romanzi, di accostarsi, con un po’ di pazienza, alla complessità dei suoi personaggi. Perché, a guardarli bene, con le loro angosce, le loro nevrosi, le loro contraddizioni e la loro estrema solitudine, questi strani individui non sono poi così diversi da noi.

 

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