di Daniela Annaro
Gli esempi non mancano e l’elenco è lungo. Chiese, basiliche, cattedrali di notevole importanza storica “offese” da opere d’arte contemporanea imbarazzanti, alcune decisamente brutte, non all’altezza comunque delle splendide testimonianze della tradizione cristiana. Un fenomeno diffuso, da Vicenza a Matera, da Catania ad Arezzo. Un fenomeno che coinvolge chiese di grande importanza come Santa Maria del Popolo a Roma o luoghi frequentati da un altissimo numero di fedeli come il Santuario di Padre Pio a San Giovanni Rotondo. Quando va bene troviamo sculture e dipinti che ripropongono in modo pedissequo l’arte del passato, come se la Chiesa, cioè il committente e lo stesso artista non appartenessero al nostro presente , non utilizzassero i linguaggi della modernità. Dov’è finita l’arte sacra, l’arte capace di trasmettere in modo attuale la liturgia, la parola divina ?
Ci risponde un bel libro edito dalla edizioni San Paolo. Lo ha scritto il padre gesuita (nonché critico d’arte, direttore della Galleria San Fedele e della Raccolta Lercaro di Bologna), Andrea Dall’Asta. Un testo dal titolo illuminante: Eclissi. Oltre il divorzio tra arte e Chiesa.
Eclissi, leggiamo sul vocabolario, è la temporanea invisibilità di un astro per la interposizione di un altro. L’approccio, dunque , è ottimistico. Padre Dall’Asta esordisce raccontando che cosa intende per arte sacra.
Anche se in ambiente ecclesiale l’arte sacra è l’equivalente di arte liturgica – scrive – mi riferisco qui a quella manifestazione estetica che parla di quanto è autenticamente umano nel suo aprirsi al desiderio di assoluto.
Senza alcuna pretesa di essere esauriente, l’autore ripercorre quello che è avvenuto nel mondo dell’arte nei primi anni del Novecento, quando cioè si avvertono i sintomi di separazione tra arte e Chiesa: accade soprattutto con pittori e scultori delle Avanguardie che cercano altri linguaggi e rivendicano autonomia, rifiutano la banale rappresentazione naturalistica. E’ in quegli anni che avviene la frattura. Ed è in quel frangente che la Chiesa si dimostra incapace di dialogare con il nuovo nell’arte, anche perché , forse, era un dialogo impossibile, l’arte cercava lo spirituale non attraverso la chiesa, ma, con sfumature diverse, direttamente nell’opera stessa.
Un divario che pur con le dovute eccezioni (Fontana solo per fare un nome) si avverte ancora oggi , nonostante gli sforzi compiuti dalla Chiesa dopo il Concilio Vaticano II e da Pontefici in prima persona come Paolo VI o Giovanni Paolo II, autore quest’ultimo di una toccante lettera agli artisti nel 1999. ” Abbiamo bisogno di voi – scrive Papa Wojtyla – per annunciare il Vangelo.”
Il presente – denuncia l’autore coraggiosamente – è ancora molto sconsolante. E non si tratta di ricerca delle bellezza, ma delle sostanziale incapacità da parte della Chiesa di comunicare i valori della fede attraverso i linguaggi della contemporaneità, a non limitarsi a guardare al passato. “La vera sfida è questa” – scrive il padre gesuita .
Lo spazio sacro non è un luogo museale cristallizzato . La liturgia non può essere mummificata. La chiesa è uno spazio vivo di celebrazione. Fermarci al passato significherebbe ammettere che la Chiesa non ha più nulla da dire al mondo di oggi. Sarebbe il segno di una sconfitta.
Dall’Asta fa nomi e cognomi di artisti e committenti intervenuti, a suo parere, in modo “inadeguato” (baroccheggiante nella migliori delle ipotesi) come è accaduto , per esempio, a Padova alla Cattedrale di Santa Maria Assunta con le opere di Giuliano Vangi O ancora, a Reggio Emilia, nella cattedrale di Santa Maria Assunta. Ettore Spalletti, Hidetoshi Nagazawa, Claudio Parmiggiani e Jannis Kounellis , artisti di fama internazionale, chiamati da monsignor Adriano Caprioli hanno lavorato confrontandosi con testi biblici, liturgici e teologici. Un lavoro profondo e di ottima qualità. Su quattro opere, una non è mai stata collocata (Nagazawa), un’altra è stata ” silenziosamente rimossa” (Kounellis) perché definita da alcuni sacerdoti stravagante e scandalistica.
“Quale immagine di Chiesa si vuole oggi comunicare -si domanda padre Dall’Asta – se ,difronte a lavori complessi e ben riusciti preferisce lustrini e kitsch? E’ qui in gioco la sua stessa credibilità.
Un interrogativo che condividiamo fino in fondo.