di Francesca Radaelli
L’11 marzo 1908, all’età di 62 anni muore a Bordighera lo scrittore Edmondo De Amicis. Il suo romanzo più celebre, Cuore, è tra i più letti nelle scuole elementari italiane, insieme a Pinocchio di Carlo Collodi. E svolgerà un ruolo non indifferente nella creazione di una cultura omogenea e laica nell’Italia unita.
Il romanzo, pubblicato nel 1886, si inserisce in un filone di letteratura pedagogica-moralistica che oggi può sembrare un po’ anacronistico (e infatti negli ultimi anni il libro è stato oggetto di parecchie parodie, su tutte si può ricordare Pancreas, trapianto del libro Cuore, del comico Giobbe Covatta), ma che, accanto agli accenti spesso melodrammatici con cui viene condotta la narrazione, fu uno dei fattori determinanti per il successo del libro, un vero best seller per l’epoca.
In Cuore, il narratore è Enrico, alunno di terza elementare in una scuola di Torino, che riporta come in un diario gli aneddoti che il maestro Perboni racconta durante le lezioni. Sono le storie della piccola vedetta lombarda, del tamburino sardo, del piccolo scrivano fiorentino, che celebrano il coraggio, l’amore per la patria, lo spirito di sacrificio di figure esemplari di ‘piccoli italiani’, provenienti dalle differenti regioni di un Paese che ha da poco raggiunto l’unità politica e che culturalmente è tutt’altro che omogeneo.
Nato a Oneglia nel 1846 De Amicis intraprende presto la carriera militare, coltivando parallelamente la passione per la scrittura e assumendo la direzione del giornale L’Italia militare. Decide poi di dedicarsi totalmente alla professione giornalistica, che gli dà modo di compiere, come inviato, una serie di viaggi in giro per il mondo, da cui nascono le vivaci relazioni dedicate alla Spagna, all’Olanda, a Londra, Parigi, ma anche al Marocco e a Costantinopoli, luoghi decisamente esotici per il tempo, verso i quali De Amicis è bravissimo a catalizzare attenzione e curiosità dei lettori.
Rientra quindi in Italia, dove alla pubblicazione di Cuore seguono altri romanzi – “Il romanzo d’un maestro”, “Fra scuola e casa”, “La maestrina degli operai” – incentrati sui temi dell’istruzione e dell’educazione ai valori, rigorosamente laici, di quella che avrebbe dovuto diventare la società civile dell’Italia unita. E bene o male lo diventerà, anche grazie ai messaggi ‘educativi’ veicolati attraverso la parola scritta.
Perché come disse lo stesso De Amicis: “Il destino di molti uomini dipese dall’esserci o non esserci stata una biblioteca nella loro casa paterna”.
Francesca Radaelli