Elend Zyma: i lenzuoli diventano opere d’arte

di Francesca Radaelli

In questi giorni i monzesi intenti a passeggiare in centro, nei pressi di piazza Duomo, potrebbero essersi imbattuti nei suoi lenzuoli colorati: alzando gli occhi verso i balconi della Casa della Luna, la più antica della città, oppure sbirciando dentro al MiMuMo, il piccolo museo che si trova al piano terra. Lì, fino al 2 luglio è esposta l’installazione “Riconoscimi – Sottosopra” di Elend Zyma, artista impegnato a dare una nuova vita ai lenzuoli usati, attraverso il colore.

L’installazione “Riconoscimi – Sottosopra” al MiMuMo

Elend Zyma ha 45 anni, è nato in Albania ma da oltre 25 anni vive in Italia, tra Monza e Milano. È lui l’autore delle opere che quest’anno hanno celebrato i due patroni della città. Il 6 giugno i suoi grandi lenzuoli dipinti sono stati “sospesi” nell’Oasi san Gerardo, a celebrare il santo delle ciliegie, patrono dei tintori e della cura degli ammalati.

L’installazione “Sospesi” all’Oasi san Gerardo

Il 24 giugno, in occasione di san Giovanni Battista, è stato invece il sagrato del Duomo di Monza a ospitare un altro lenzuolo colorato, “sospeso” all’interno di un’impalcatura di assi di legno e percorso da corde. Un’opera, quest’ultima, che racchiude un chiaro riferimento simbolico al dolore, alla croce e al sudario di Cristo. Ma non solo. Perché, come scopriamo parlando con lui, nei lenzuoli intrisi di colore di Elend c’è molto di più.

L’installazione “Sospesi – ottavo giorno”, davanti al sagrato del Duomo di Monza

Lo studio dell’artista

Il nostro incontro avviene tra le mura della piccola chiesa dove un tempo le suore pregavano in silenzio e che ora ospita il laboratorio creativo di Elend. Qui, in un silenzio scandito dal suono delle campane, tra pareti affrescate con figure di santi, l’artista tinge e trasforma i lenzuoli che gli vengono donati in opere d’arte. Sul tavolo da lavoro si affollano i colori e i pennelli, mentre le opere, di dimensioni diverse, sono appoggiate, arrotolate o appese alle pareti: una ricchezza densa di colori e creatività che fa da contrappunto alla silenziosa tranquillità del luogo.

Lo studio dell’artista

“All’inizio venire qui per me era davvero come entrare in chiesa”, racconta sorridendo Elend, che si è laureato con lode al Nuova Accademia di Belle Arti di Milano con una tesi sulla relazione tra arte e spiritualità. “Per me questo è un luogo speciale, in cui si sente la vita attraverso il suono delle campane, ma soprattutto un luogo di silenzio e riflessione”.

Uno scorcio dell’opera “Ottavo giorno” all’interno dello studio

Una scelta coraggiosa

“La mia era una famiglia albanese abbastanza normale”, racconta. “Mia madre sarta, mio padre dirigente di una fabbrica di mattoni: era lui che portava a casa l’argilla con cui da bambino lavoravo alle mie prime creazioni. Durante l’infanzia frequentavo lo studio di un mio parente, che era un pittore famoso a livello nazionale”.

Dopo essersi diplomato al liceo artistico di Elbasan, la sua città, intraprende un viaggio rocambolesco attraverso il mare verso l’Italia. Una fuga da un Paese prostrato dalla crisi economica, ma anche un sogno: continuare studiare in un Paese che offra più opportunità. Nel 1996, a 18 anni, arriva a Milano. Qui si iscrive alla Nuova Accademia di Belle Arti e si laurea a pieni voti.

Elend Zyma vicino alla sua opera in piazza Duomo

Per mantenersi, inizia a lavorare presso le concessionarie di automobili, impara bene il mestiere e arriva ad aprire un’attività in proprio. L’arte continua ad essere una passione, ma confinata nel tempo lasciato libero dal lavoro.

Poi, a un certo punto, con lo scoppio della pandemia, arriva la svolta: “Un giorno, durante il lockdown, mi sono guardato allo specchio. Chi era quell’immagine riflessa? Non mi riconoscevo più. Lavoravo moltissimo, non avevo mai tempo per fermarmi, per riflettere. Così, ho deciso di chiudere la mia attività e aprire il mio studio da artista”.

Un altro angolo dello studio di Elend Zyma: sul tavolo una serie di progetti per installazioni future

Una scelta coraggiosa, che si sta concretizzando in una serie di mostre e iniziative che hanno coinvolto e coinvolgeranno la città di Monza. Nel novembre scorso, per esempio, ha realizzato una suggestiva esposizione proprio negli spazi del Granaio di via Canonica, dando la possibilità ai monzesi di “scoprire” questi luoghi nascosti della loro città. Il titolo dell’esposizione era proprio “Luoghi invisibili” e ha avuto un grande successo di pubblico. E per il futuro Elend, a cui certo non mancano idee, spirito di iniziativa ed entusiasmo, ha in cantiere una serie di nuovi progetti, alcuni dei quali anche in Francia.

Il fascino nascosto del lenzuolo

L’utilizzo del lenzuolo come elemento di espressione artistica accompagna Elend Zyma da sempre. “La prima a fornirmi stoffe e lenzuoli per dipingere è stata mia madre, che faceva la sarta”, racconta. “Li trattavo con colla animale e altri materiali per ottenere una tela, in un periodo, quello del comunismo, in cui in Albania era molto difficile reperire alcuni materiali”.

Uno dei lenzuoli dell’installazioni “Sospesi” ora nello studio di Elend Zyma

Nel procedere del percorso artistico di Elend, le lenzuola stimolano in lui riflessioni sempre più profonde. “Il lenzuolo è qualcosa che accompagna la vita di ogni uomo, in cui si viene avvolti nel momento della nascita e in quello della morte, in cui si consuma la vita”, spiega Elend. “E’ un materiale che non respinge, ma che assorbe la vita e il tempo e se ne impregna, su cui restano delle tracce e delle impronte: macchie, strappi, pieghe”. Il lenzuolo che porta in sé i segni del tempo rappresenta anche l’intimità e l’unicità di ogni vita, i suoi dolori, i suoi errori, che lasciano una traccia che non si cancella. Rappresenta anche il valore di questa memoria, di ogni vita, di ogni percorso.

“Mi piace ridare valore alle lenzuola considerate giunte ormai alla fine del proprio percorso, rovinate e da buttare via”, continua Elend. “Le lenzuola usate mi vengono affidate con la speranza di vederle rinascere a nuova vita, di vederle impregnarsi di nuove tracce di colore”. La trasformazione del lenzuolo in opera d’arte è per Elend anche il compimento di un destino. “Cerco di ascoltare la materia con cui lavoro, di sintonizzarmi con l’energia che porta in sé, di darle la forma e il colore a cui è destinata”. Colori brillanti, luminosi e densi si cristallizzano, in rilievo, sulla superficie consumata e segnata delle lenzuola, creando nuovi segni e nuove trame. Elend li dipinge in posizione verticale, spesso su entrambi i lati, ad arricchire la loro complessità.

La cristallizzazione del colore è una cristallizzazione di emozioni, che lasciano le loro ultime tracce sul lenzuolo giunto alla fine della propria vita.

Sull’utilità dell’arte per la vita

Elend Zyma è convinto che solo attraverso l’arte sia possibile dare voce ed espressione alla dimensione più vera, invisibile e intima di ogni uomo, e dell’umanità intera. Mentre ci mostra il suo lavoro parla delle convenzioni che scandiscono la vita sociale, lavorativa, familiare, di come queste tendano a uniformare i comportamenti e le reazioni delle persone, soffocando il loro sentire più vero, la loro vera essenza, intima e individuale.

Primo piano dell’opera “Ottavo giorno”

Lui la chiama “l’altra dimensione” e ne vede le tracce proprio nelle lenzuola su cui dispiega la propria arte: “Il lenzuolo che usi per coprirti, che accompagna le tue emozioni e le assorbe, conosce la tua verità, ne porta le tracce”.

Così, la scelta di dedicarsi totalmente all’arte nasce dalla volontà di dare spazio a questa dimensione di verità che, invisibile, attraversa tutta l’umanità. I lenzuoli di Elend Zyma sono pensati per essere mostrati alle persone, per essere sospesi tra le strade cittadine, per “parlare” con la gente della dimensione nascosta, ma più autentica dell’umanità. E’ ciò che ha iniziato a fare nelle prime installazioni a Monza e su questo solco intende proseguire.

 

Ma nell’arte e nella sua sperimentazione pratica Elend Zyma vede anche una funzione formativa per i più giovani: “Sogno uno spazio in città in cui poter creare un grande laboratorio che riunisca artisti diversi e dia loro la possibilità di lavorare a stretto contatto. Un laboratorio che possa aprire le sue porte ai ragazzi più giovani, fornire loro un’alternativa all’omologazione, dar loro la possibilità di avvicinarsi alle diverse forme d’arte, di essere stimolati, di mettere in gioco sé stessi. Attraverso l’arte è possibile scoprire la propria unicità e la propria identità”.

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