Emilio Isgrò. Fondamenta per un’arte civile

di Daniela Annaro

Un Autocurriculum, i Multipli e un Seme dell’Altissimo in marmo di Seravezza, il tutto in un luogo simbolo della creatività ambrosiana, la Triennale.

L’imprevedibile Emilio Isgrò,1937, artista, poeta, drammaturgo, scrittore, una delle figure più impegnate e significative della cultura, 

questa volta anziché lavorare in sottrazione, in “levare”, (lui padre incontrastato della cancellatura) ha moltiplicato. In un solo giorno ha moltiplicato gli eventi che lo hanno visto protagonista, eventi che hanno un unico filo conduttore: l’impegno civile.

Emilio Isgrò e Filippo Del Corno – Assessore alla cultura del Comune di Milano

Il Seme dell’Altissimo, l’opera realizzata  in occasione dell’EXPO 2015 ha trovato la collocazione definitiva: in via Emile Zola,  a un centinaio di passi dal Palazzo dell’Arte di  Giovanni Muzio.  Lo svettante marmo  di Isgrò è ora un opera pubblica,  simbolo  di rinascita, funzione che attribuiamo  ai semi. Alta sette metri, pesante diciassette tonnellate, la scultura rappresenta un seme d’arancia ingrandito un miliardo e cinquecento milioni di volte.

Hanno tutt’altre proporzioni i Multipli del Seme Mediterraneo in vetro e in ceramica. Come afferma il curatore Marco Bazzini:

II multiplo  è per eccellenza opera democratica e consente , attraverso la moltiplicazione, di divulgare l’arte e il suo messaggio a un maggior numero di appassionati.    

Oltre ai Semi, in Triennale, sono presenti i Mondoquadro e Mondo di vetro opere recenti di Isgrò come le Mediterranee – Lettere dal Mare. Sculture, che, al di là delle diversità di forme e materiali, testimoniano la coerenza  dell’artista siciliano. La sua è arte civile, parla di squilibri e diseguaglianze, un’arte intesa non a “decorare” ma a denunciare, con ironia e leggerezza,in modo garbato, ma penetrante.

L’arte – dice Isgrò – è la più alta forma di politica che mette  gli uomini in contatto fra loro, mentre la cattiva arte e la cattiva politica tendono a dividerla.

La giornata Fondamenta per un’arte civile di Emilio Isgrò è iniziata con le parole. Neanche qui cancellate, ma raccolte nell’ultimo libro, un’autobiografia,  del poliedrico intellettuale siciliano. Autocurriculum il titolo. 

Se è vero che si nasce e che si muore, allora è vero che io sono nato e ancora non sono morto. Sono nato  il 6 ottobre 1937 a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina: alle quattro di mattina, a sentire mio padre e mia madre. Una levataccia che ancora oggi mi pesa.

Edito da Sellerio, Autocurriculum è un delizioso (e divertente) libro che racconta, in forma di romanzo, la vita di Isgrò. Dagli esordi  come poeta nella Milano fine anni Cinquanta al successo internazionale come artista con opere esposte al MoMa di New York e al Centre Pompidou di Parigi. In mezzo, la sua creatura: la cancellatura.

Le cancellature – scrive Isgrò – servono certo a provocare un’assenza e a mettere in moto i meccanismi cerebrali del fruitore, che vorrà sempre sapere “cosa c’è sotto”. Ma allo stesso tempo (e questa funzione è molto più importante) sono un preciso,inequivocabile segno linguistico. Non tanto un vuoto da riempire,dunque; quanto una presenza, un pieno compatto che sollecita e contemporaneamente rifiuta ogni proiezione da parte del lettore. Ma cosa ci stanno a fare le poche parole superstiti sulla pagina cancellata? Certo, il lettore nostalgico potrà degustarle e centellinarle con calma; nessuno glielo impedisce. Ma esse non vogliono essere degustate e centellinate:hanno soltanto la funzione di segnalare un percorso mentale che guiderà il lettore attraverso i campi di cancellature. Sono corsie, piste. 

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