di Luigi Picheca
L’eutanasia rappresenta l’estrema volontà di lasciare questo mondo da parte di molte persone che si trovano la vita cambiata improvvisamente a causa di traumi o malattie. Ci sono passato anch’io da questa angosciante esperienza e ho scelto di provarci. L’eutanasia non è legale nel nostro Paese, si pratica in Svizzera ed è riservata a chi ha soldi da spendere. Superato questo scoglio, a dire il vero non insormontabile, si deve passare per una serie di valutazioni psichiche che vengono sostenute dai richiedenti per essere ammessi a questa pratica.
A dire il vero questa trafila scoraggia molte persone che pensano che l’eutanasia sia facile da sbrigare, un gettone da spendere come fare un giro alle giostre. In realtà si intraprende un cammino che pone queste persone davanti alla paura dell’ignoto, quella paura di morire che induce alla rinuncia tanti di questi disperati.
Trovarsi paralizzati e seduti su una sedia a rotelle dopo una gita al lago o in montagna diventa condizionante per chiunque. Ho avuto degli amici o dei conoscenti che ci si sono ritrovati vittime di questi incidenti e ho visto la loro reazione. Li ho visti incattiviti nei confronti di chi si prendeva cura di loro solo come le mamme sanno fare dimostrando tutto il loro amore e la loro pazienza. Se la vita si potesse spegnere attraverso un semplice interruttore, molti lo farebbero in questi frangenti.
Una scappatoia facile per chi si vuole arrendere alla vita e per chi non è pronto a combattere queste grandi prove di coraggio. Io non sapevo cosa dire, tutto sommato non trovavo i loro stati d’animo particolarmente esagerati, voler rinunciare a “quelle” vite non lo trovavo una cosa strana, che senso aveva vivere in quel modo?
Quando è toccato a me scegliere tra una vita da vivere in posizione orrizzontale, vissuta prevalentemente a letto, o lasciare che il corso degli eventi proseguisse il suo inesorabile cammino, ho scelto quest’ultima opzione. Sapevo che presto avrei avuto un blocco respiratorio che mi sarebbe risultato fatale e lo attendevo come una liberazione. Il blocco respiratorio si è puntualmente verificato in un pomeriggio di luglio. Faceva molto caldo e cercavo refrigerio vicino a un condizionatore d’aria, mentre parlavo col medico per dichiarare le mie difficoltà respiratorie,è successo, ho smesso di respirare e sono svenuto.
Mi sono risvegliato in rianimazione, non sapevo nemmeno in quale ospedale mi trovassi. Ho visto mio fratello che era giunto in fretta al mio capezzale per portarmi un po di conforto, sapeva che non volevo accettare di vivere con un respiratore meccanico al mio fianco. Quando il medico mi ha chiesto di rispondere con gli occhi alla sua domanda se volevo sottopormi all’intervento di tracheostomia, ho risposto di sì. Ho avuto paura di morire e ho risposto istintivamente, senza esitazione.
Nei mesi successivi ho avuto modo di pentirmi di questa scelta, l’adattamento all’apparecchio che mi doveva garantire la respirazione tardava a concludersi e io stavo male. Ho maledetto quella mia debolezza e ho cercato un’alternativa che mi potesse togliere da questa situazione: l’eutanasia!
Ho cercato in quali cliniche proporre la mia richiesta e ho cercato in Italia delle associazioni che chiedono di legalizzare l’eutanasia nel nostro Paese. Anch’io ero incazzato con il mondo e non era facile starmi vicino. Prima delle risposte delle cliniche svizzere è arrivata la risposta dal Cielo, è arrivato un medico pneumologo esterno che in cinque minuti mi ha cambiato alcuni parametri errati e ho cominciato a respirare bene.
È ricominciata un’altra vita, non ero più arrabbiato col mondo.
Ho cominciato ad accettare questa nuova esperienza di vita e ho capito che alla vita non si deve rinunciare.
Ho scoperto il mondo intorno a me e ho cominciato a vedere le persone che mi volevano bene: i familiari e il personale sanitario che si prendeva cura di noi malati con professionalità ed affetto.
Ho trovato in loro la forza di uscire da quell’apatia che talvolta travolge gli uomini come una valanga inducendoli a gesti estremi e ho trovato conforto anche nella Fede, troppo spesso accantonata precocemente in una società che privilegia altri falsi dei.
Così ho riscoperto quei valori antichi ma sempre validi che celebrano l’amore e la preghiera quali mattoni fondamentali come fondamenta della nostra via, una vita che rende tutti degni di viverla.
Luigi Picheca
Caro amico, sono felice di sentire che hai trovato un equilibrio attraverso la consapevolezza che la vita vale sempre la pena di essere vissuta. Sappi che comunque, anche in caso di una diversa scelta, avresti avuto la mia totale comprensione.