di Fabrizio Annaro
Il tutto ha inizio qualche mese prima: il 2 agosto del 1990.
L’allora presidente iracheno, Saddam Hussein, invade il Kuwait, piccolo Stato a sud dell’Iraq, grande quanto la Lombardia, ma ricchissimo di petrolio. Saddam rivendica il Kuwait come regione irachena. L’Arabia Saudita si sente minacciata. Considerati i precedenti di Saddam, soprattutto per la guerra con L’Iran, i sauditi senza indugio si rivolgono agli Usa e all’Onu. Valutati gli interessi strategici degli americani in Kuwait e in Arabia Saudita, gli Usa non disdegnano l’invito. Bush padre, allora Presidente degli Stati Uniti, coinvolge l’Onu e il 6 agosto è approvata la famosa risoluzione 661, risoluzione che autorizza l’uso delle armi e il processo di liberazione del Kuwait.
Da quel momento i media di tutto il mondo concentrano la loro attenzione sull’imminente guerra nel golfo. In pochi mesi un gigantesco sforzo logistico trasferisce in Arabia Saudita oltre 300 mila militari, armi sofisticate, navi da guerra; si creano basi militari ed aeree che colpiranno Saddam. Un’alleanza politico-militare di 35 nazioni si accampa nel deserto saudita.
Una parata militare e tecnologica che lascia il mondo stupefatto. E’ la guerra hitech: fanno ingresso “le armi intelligenti, quelle che colpiscono gli edifici e risparmiano gli uomini”. Muta il giornalismo: Peter Arnet, inviato della CNN, è a Bagdad quando cominciano i bombardamenti e in diretta invia immagini e fa la cronaca del conflitto.
Il 17 gennaio 1991 il generale Norman Schwarzkopf in una storica conferenza stampa annuncia l’inizio di Desert storm, “tempesta nel deserto”, l’operazione militare durante la quale gli alleati bombardano con caccia e missili tomahawk le postazioni nemiche per poi procedere con la fanteria in territorio del Kuwait.
La liberazione del Kuwait arriva qualche giorno prima del 28 febbraio, intorno al 20. Negli otto giorni che separano il cessate il fuoco, le truppe americane marciano verso Bagdad, ma un contrordine impedisce la caduta del rais. Gli alleati si fermeranno a 30 Km dalla capitale irachena per poi ripiegare nella regione liberata.
Perchè Bush padre non ha fatto quello che successivamente ha fatto il figlio e cioè invadere l’Irak, deporre Saddam, controllare il paese e il suo petrolio? Semplice. Bush padre seguì il consiglio degli esperti del Pentagono i quali erano convinti che ottenere la vittoria militare su Saddam sarebbe stato facile, ma omplicata e forse impossibile la gestione del “dopo” cioè la nascita di una democrazia o comunque di una stabile nazione amica dell’occidente. Saggi consigli.
L’ingordigia dei nostri tempi. I figli preferiscono fare di testa loro. Stracciando i report degli esperti geopolitici del Pentagono, Bush figlio, forte della strage delle torri gemelle, si avventura in una guerra senza speranza: è primavera del 2033 quando quando George Bush junior ordina di invadere l’Irak e arrestare Saddam. Una decisione animata solo dall’ingordigia del petrolio e del potere. Un errore, una grave lezione spesa, purtroppo, sulla pelle e sulla vita di milioni di persone.