di Virginia Villa
“Perché qui siamo tutti come tanti fiori che spuntano in mezzo al cemento, veniamo su nella polvere e solo così sappiamo vivere. Se ci strappano via, le radici restano piantate qui e noi finiamo che secchiamo tutti quanti come le rose nei vasi senza acqua.”
Se c’è una frase in grado di descrivere perfettamente questo romanzo, e più nello specifico le vite dei suoi protagonisti, è sicuramente questa.
“Fiori senza destino” è un romanzo corale, scritto da Francesca Maccani ed edito da SEM Edizioni. L’autrice, originaria delle montagne trentine ma trasferitasi nella caotica Palermo, da vita ad una storia tratta dalla sua esperienza diretta in qualità di insegnante del CEP (Centro Edilizia Popolare), uno dei quartieri più poveri e degradati della città.
In queste pagine leggiamo il disagio, la violenza e la lotta per la sopravvivenza alla quale i suoi studenti sono abituati sin dalla nascita.

Capitolo dopo capitolo conosciamo i ragazzi del CEP di Palermo, dove Sciaron, Cettina, Milo, Rosalia e gli altri hanno imparato a cavarsela ben prima dei loro coetanei attraverso espedienti e consuetudini proprie del loro triste vissuto familiare. In “Fiori senza destino” c’è l’adolescenza perduta, c’è il rapporto amore e odio con Palermo e il suo mare.
Lo stile narrativo di Francesca Maccani rispecchia l’atmosfera nella quale si vive in questo quartiere; la scrittura è fredda, cruda ed essenziale, come lo sono le esistenze dei protagonisti del romanzo. In questo modo, la realtà si sprigiona agli occhi del lettore che non può non rimanere colpito emotivamente dalla spietatezza del racconto.
Benché tratti temi dell’adolescenza, “Fiori senza destino” è consigliato ad un pubblico eterogeneo, genitori e figli dovrebbero leggerlo insieme per poter riflettere sulla condizione sociale che molti quartieri italiani, non solo quelli del sud, vivono.
“Perché ogni isola ha come destino l’inabissarsi. Per chi nasce sulla terraferma non è facile adattarsi a questo senso ineluttabile di imminente naufragio, e si rimane contagiati da un sentimento del vivere come di chi non vorrebbe vivere, da questa consapevolezza di essere in prestito.”