di Fabrizio Annaro
Ha dominato l’equivoco sulla vicenda di Galileo Galilei. Equivoco risolto una volta per tutte dalla richiesta di perdono “gridato” da Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo del terzo millennio. Due secoli di discussioni accese e polemiche feroci che hanno oscurato il vero pensiero dello scienziato pisano vissuto dal 1574 al 1642. Condannato all’ergastolo (nel 1633) per le sue idee considerate dalla chiesa del tempo come eretiche, Galilei, sul finire dei propri anni, decise di abiurare le sue scoperte con il vantaggio che l’ergastolo fu tramutato negli arresti domiciliari.
Qual’era il pomo della discordia? Galileo aveva aderito all’idea copernicana secondo la quale è la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa, un’idea confermata dalle osservazioni con il cannocchiale, uno strumento utilizzato da Galileo e per l’epoca estremamente innovativo nell’ambito della ricerca scientifica.
A differenza di Copernico, la chiesa temette che le idee di Galileo Galilei aiutassero la diffusione della riforma protestante di Lutero e per questo motivo che Galilei dovette subire un’ingiusta persecuzione.
Il fatto che la Terra ruotasse intorno al Sole era considerato da molti teologici come una messa in discussione della verità biblica secondo la quale la Terra e l’Uomo sono al centro dell’Universo.
Nel 1632 Galileo pubblica Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (scienze e fede). Secondo Galileo i due ambiti non sono in conflitto ma rappresentano due vie autonome per giungere alla verità. Il contrasto fra sacre scritture e scienze naturali è solo apparente. La Natura è indagata attraverso l’osservazione che tramite la matematica suggerisce le leggi scientifiche, mentre la Bibbia non ha lo scopo di suggerire tesi scientifiche bensì di rivelare la natura divina dell’uomo e la sua relazione con Dio e la storia.
In verità, per Galileo Galilei, scienza e fede possono stringersi la mano.
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