Genetica e epigenetica nelle malattie neuropsichiatriche

di Roberto Dominici

La nuova biologia della mente emersa dalla fine del XX secolo si basa sul presupposto che tutti i nostri processi mentali sono mediati dal cervello,  dai processi inconsci che guidano i nostri movimenti quando giochiamo a tennis, ai complessi processi creativi alla base della composizione di un concerto per pianoforte, fino ai processi sociali che ci permettono di interagire tra noi.

Oggi gli psichiatri vedono la nostra mente come una serie di funzioni complesse svolte dal cervello e vedono tutti i disturbi mentali, sia psichiatrici che quelli da dipendenza, come disturbi cerebrali. Questa visione attuale moderna deriva da tre progressi principali:

a) lo sviluppo della genetica dei disturbi psichiatrici e delle dipendenze, con la dimostrazione (F. Kallmann, 1936) del ruolo dell’ereditarietà in disturbi psichiatrici come la schizofrenia, il disturbo bipolare, dimostrando che sono di natura biologica;

b) il progresso dato dalle tecniche dell’imaging cerebrale, che ha mostrato che i vari disturbi psichiatrici coinvolgono sistemi cerebrali distinti; oggi é possibile rilevare che nelle persone con depressione alcune aree del cervello funzionano in modo anomalo, queste tecniche hanno inoltre permesso di osservare l’azione dei farmaci sul cervello e di vedere i cambiamenti che derivano dl trattamento dei pazienti con farmaci o con psicoterapia;

c) il terzo fattore è stato lo sviluppo di modelli animali delle malattie creati manipolando i geni degli animali e osservandone gli effetti. Questi modelli si sono rivelati preziosi strumenti per lo studio dei disturbi mentali, fornendo intuizioni su come i geni, l’ambiente e l’interazione tra i due (GxA), può disturbare lo sviluppo del cervello, l’apprendimento e il comportamento. I modelli animali come i topi, sono particolarmente utili per studiare la paura appresa o l’ansia perché questi stati si verificano naturalmente negli animali. Inoltre questi animali possono essere utilizzati per studiare la depressione o la schizofrenia inserendo nel loro cervello geni alterati che hanno dimostrato di concorrere a questi disturbi psichiatrici nelle persone.

Epigenetica ultima frontiera

E’ emerso in maniera sorprendente che se si sommano la percentuale che spetta ai geni e quella che dipende dall’ambiente nella determinazione di un dato carattere biologico, raramente si raggiunge il 100%. Questo vuol dire che esiste una ulteriore quota di variabilità dipendente dal caso, la cui azione può estrinsecarsi sia a livello molecolare che a livello macroscopico, durante tutte le fasi dello sviluppo dell’organismo da quelle precocissime, per esempio a livello intrauterino, a quelle più tardive. Questa azione di controllo produce un cambiamento dell’espressione dei geni, dei loro schemi di attività, assicurando il corretto svolgimento dei processi biologici, ma allo stesso tempo causando una significativa serie di differenze casuali tra gli individui, sia fisiche che psichiche o mentali.

Noi siamo l’espressione del patrimonio genetico che interagisce con gli stimoli ambientali con, in più, l’influenza modulatrice e modellatrice dell’azione creativa del caso. Alla luce di ciò si è verificato, in questi ultimi anni, un radicale cambiamento nella tradizionale visione della “genetica comportamentale”, che si proponeva di individuare nei geni le cause certe delle caratteristiche individuali, comportamentali ed anche di gravi patologie psichiatriche. Tale cambiamento si deve allo sviluppo delle conoscenze nell’ambito della ricerca epigenetica.

Il termine “epigenetica” è stato coniato per la prima volta da C.H. Waddington nella metà degli anni ’50 per indicare lo studio delle interazioni tra fattori genetici e sviluppo embrionale.  È LO STUDIO DEI FATTORI CHE DETERMINANO CAMBIAMENTI STABILI ED EREDITABILI, MA REVERSIBILI, NELL’ESPRESSIONE DEI GENI SENZA CAMBIAMENTI NELLA SEQUENZA ORIGINALE DEL DNA.

La disciplina si occupa di studiare le alterazioni stabili nella potenziale espressione genica durante la proliferazione e lo sviluppo cellulare. Si è visto che i processi epigenetici non avvengono solo durante lo sviluppo e la differenziazione cellulare della vita embrionale, ma rivestono un ruolo estremamente importante anche durante tutta la vita adulta, sia come espressione casuale sia per effetto della influenza dell’ambiente.

Tra le applicazioni più di rilievo dell’epigenetica vi è lo studio del cervello e del suo sviluppo normale e patologico. Anche nella patologia delle mente c’è uno spettro di condizioni che va dal polo di normalità a quello di malattia. In presenza di una vulnerabilità intrinseca di tipo genetico alla malattia mentale è possibile che fattori esterni, per esempio un evento avverso della vita, facciano precipitare in malattia questo potenziale che sarebbe potuto rimanere latente per tutta la vita del soggetto se non ci fosse stato l’evento ambientale scatenante (l’interazione fra geni e ambiente è alla base dei disturbi mentali più gravi). Questo per dire che sempre di più in futuro le valutazioni dei malati psichiatrici dovranno tenere in considerazione sia gli aspetti di predisposizione o vulnerabilità genetica, sia i fattori scatenanti sfavorevoli di tipo ambientale.

Lo studio dell’epigenetica cerebrale fornisce una nuova visione anche di patologie psichiatriche gravi, aprendo nuove strade per un diverso approccio integrato alla cura. Anche la vulnerabilità allo sviluppo di alcuni disturbi psichiatrici, quali la schizofrenia, il disturbo bipolare, i disturbi dello spettro autistico e la depressione maggiore, è modulata da alterazioni che avvengono a questo livello.

Le modificazioni epigenetiche avvenute durante la vita uterina rimangono stabili per tutta la vita, tuttavia è ormai chiaro che questi meccanismi sono dinamicamente regolati e che rimodellamenti epigenetici possono avvenire durante la vita adulta sotto l’influenza di fattori ambientali, quali la nutrizione, i farmaci, sostanze chimiche e fisiche, fattori psicosociali e con la psicoterapia. La plasticità dei tratti epigenetici e la loro suscettibilità alle influenze ambientali ne fanno un potenziale target per gli interventi terapeutici, sia psicofarmacologici che psicoterapeutici.

14 gennaio 2020

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