E’ sicuramente una della grande battaglie dell’umanità. Parliamo di alfabetizzazione di cui oggi si celebra la Giornata Mondiale, dedicata quest’anno al tema “Alfabetizzazione e società sostenibili”.
La ricorrenza è sotto l’egida Onu e si celebra dalla Cambogia alla Francia – dove è in corso il global meeting che riunisce più di cento tra rappresentanti di governi, delle ong e Nazioni unite – anche se in Italia pare che ce ne siamo dimenticati.
Eppure il Bel Paese non risulta certo ai primi posti nella classifica dei Paesi alfabetizzati, anzi il problema da noi è particolarmente grave.
Dall’ultima indagine PIAAC (Programme for the Intenational Assessment of Adult Competencies), un programma ideato da OCSE a cui hanno aderito 24 paesi, risulta che più del 70% degli italiani adulti (tra i 16 e i 64 anni) non è in possesso delle “competenze necessarie minime per poter vivere e lavorare in modo adeguato al giorno d’oggi”.
In sintesi, le competenze prese in considerazione dal programma sono quelle fondamentali per la crescita individuale, la partecipazione economica e l’inclusione sociale e quelle per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta. Competenze sulle quali, ci dicono i dati PIAAC, gli adulti italiani sono ben al di sotto della media degli altri paesi, anche se rispetto alle precedenti indagini tale distanza si è ridotta.
Gli scarti più elevati si hanno tra i nostri laureati e quelli degli altri paesi. Se consideriamo un altro Paese europeo, la Finlandia per esempio, il confronto è inesorabile: noi abbiamo il 70% della popolazione che si colloca al di sotto della media OCSE, La Finlandia scende al 37%, che certo non è poco, ma dà la misura di quanto siano profonde le differenze tra noi e altri paesi e di quanto ancora ci sia da fare a casa nostra.
Il primato negativo italiano che fa più riflettere è la scarsa partecipazione ad attività di apprendimento degli adulti che in Italia è la più bassa tra i paesi Ocse: il 24% a fronte di una media del 52%. Un elemento che determina la differenza quando si vanno a misurare le competenze.
In poche parole, il punteggio di chi si è dedicato ad attività di formazione o di apprendimento è ben più alto rispetto a chi è rimasto fermo.
Continuare a imparare, rimanere attivi, accrescere le proprie capacità, sembrano dunque delle priorità sulle quali è necessario investire se si vuole produrre benessere e sviluppo individuale e sociale.
Ma forse non stiamo dicendo niente di nuovo.
Daniela Zanuso