Giornata mondiale della pasta: storia dei “maccaruni blanki”

di Daniela Zanuso

Anche la pasta ha la sua giornata mondiale. Il 25 ottobre di ogni anno si celebra questo alimento antico che in Italia  può essere considerato il vero piatto nazionale.

La pasta fa bene alla salute. E’ un alimento sano perché ricca di carboidrati complessi a lento assorbimento e quindi sazia evitando all’organismo sbalzi a livello glicemico.

E’ uno degli alimenti che fa bene anche al pianeta: l’impatto ambientale della pasta, compresa la fase di produzione e trasformazione, è molto basso. Gli agricoltori praticano, solitamente, la rotazione dei campi, abitudine ecosostenibile.

La pasta costa poco e quindi fa benissimo al portafoglio. Inoltre si cucina in poco tempo e si può condire in mille modi. Con verdura, pesce e olio di oliva costituisce un piatto unico con tutti i nutrienti necessari.

Le origini della pasta sono antichissime considerato che risalgono ai tempi in cui l’uomo da nomade diventa stanziale ed inizia a coltivare la terra. Scopre il grano, lo macina, lo impasta  e lo cuoce su pietra rovente. Si sa anche che queste usanze si sviluppano in diverse parti del continente euroasiatico in modo indipendente e diversificato. In poche parole si comincia a produrre la pasta in modo diverso dal Mediterraneo all’estremo Oriente.

Già ai tempi di Boccaccio era considerata un’autentica leccornia, simbolo di abbondanza e di gioia. Gli ingredienti per fabbricarla erano semplicissimi: farina di grano duro ed acqua.

Ci sono teorie per cui la pasta arrivò in Italia con la dominazione araba. Nel 1154 viene citato dal geografo arabo Al-Idrin in una specie di guida turistica “un cibo di farina in forma di fili“, chiamato triyah  che si confeziona a Palermo, ma le cui origini sembrano appunto arabe.
Il laganum romano, parente evidente della lasagna, era una sottile sfoglia di pasta che per il metodo di cottura, al forno o fritta in olio bollente, non corrisponde al nostro concetto di pasta che invece necessita di bollitura in acqua. Bisogna aspettare il XIII secolo prima che le lasagne siamo citate nelle fonti medievali. Sempre di quel tempo è la comparsa della pasta filiforme, con il nome inconfondibile di “vermicelli”.

Marco Polo tornò dalla Cina nel 1295: viene così sfatata la leggenda che sia stato lui ad introdurre la pasta  dalla Cina, (quella pasta aveva poco a che vedere con quella di grano duro tipica del nostro paese) in Italia.

Un ulteriore passo fu compiuto quando non fu più servita nel brodo di cottura, ma asciutta, diventando una vivanda a sé stante, in Italia la “pastasciutta”. Fin dal XII secolo la Sicilia commercia pasta secca e un altro polo di produzione è la Sardegna, ma la troviamo anche registrata nei porti di Genova e Pisa e  in Provenza. Diventa così un articolo di grande commercio ed esportazione che interessa anche l’Africa del Nord e l’Andalusia.

Nel 1371 a Palermo fu stabilito un calmiere per “maccaruni blanki di symula e lasagni di simula”, ma anche per “maccaruni blanki di farina e lasagni di farina”. Venne fissato un prezzo diverso per i due tipi di pasta, l’una di grano duro, l’altra di grano tenero, a testimonianza dell’importanza che aveva raggiunto questo alimento nell’alimentazione di allora.

Il mitico “consorte” della pasta, il pomodoro, arrivò in Italia dal Perù nel 1554, ma la coltivazione su larga scala ebbe inizio cent’anni dopo. La pasta col pomodoro nasce quindi “solo” quattro secoli fa.  

(tratto da : “Il Medioevo sul naso” di Chiara Frugoni ed. Laterza).

 

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