di Daniela Annaro
Come Dante Alighieri per la letteratura e la poesia, così Giotto fu essenziale per l’evoluzione del sapere pittorico italiano.
Nasce nel 1267 circa, (poche e incerte fonti stabiliscono l’anno preciso), a Vicchio di Mugello, in provincia di Firenze.La sua fanciullezza è legata a Cimabue, dove va a bottega a soli 13 anni. Ma altrettanto importante è la conoscenza della classicità romana avvenuta nella capitale e nel cantiere di Assisi.

E’ qui che ci sono le sue prime, magistrali opere: “Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento”. Il ciclo di affreschi si trova nella Basilica Superiore di San Francesco.
Le due storie di “Isacco”, secondo alcuni studi relativamente recenti, non sarebbero a lui attribuibili. Con molti collaboratori, affresca la serie della “Leggenda di San Francesco”.

Giotto vede il Santo non come asceta, ma come soggetto estremamente consapevole del proprio ruolo all’interno della Chiesa. Una rivoluzione. Dopo Assisi, viene chiamato a Roma per il Giubileo nel 1300.
Giotto ormai ha chiara la sua cifra stilistica: una visione narrativa ricca di naturalezza e un’attenta dinamica degli spazi. E’ la fine dello stile bizantino e delle rappresentazioni bidimensionali.
Dopo Roma, torna ad Assisi per completare il ciclo di affreschi e da lì a Firenze. Ma nel frattempo lavora anche a Rimini (il Crocefisso nel Tempio Malatestiano) e da lì si dirige a Padova.
La Cappella degli Scrovegni è un’altra importante tappa dell’evoluzione del suo linguaggio.

Ormai è richiestissimo e apprezzatissimo e a Firenze, la sua città, lascia un’ importante eredità, un segno imprescindibile per tutti i pittori a lui contemporanei e a quelli che verranno dopo di lui come Masaccio e Michelangelo.
Muore l’8 gennaio del 1337 a Firenze dove è ancora sepolto nella chiesa in Santa Reparata.