di Francesca Radaelli – Fotografie di Giovanna Monguzzi
C’è chi a 22 anni studia filosofia, ama il teatro e si definisce ‘irrimediabilmente romantica’. Chi a 25 fa già il professore in una scuola. Chi è in cerca di una vita diversa da quella che qualcun altro ha disegnato per lui. Chi, con una laurea in tasca, decide di seguire il sogno di diventare attore…’e chissenefrega’. Chi lascia un lavoro sicuro per buttarsi in un’esperienza di vita all’estero. E chi invece molla tutto per andare a lavorare la terra e abbracciare un modello di vita fuori dagli schemi sociali ma fedele ai ritmi della natura.
Sono i protagonisti di “Carte da decifrare”, il film realizzato da Caritas e Dialogo di Monza per la regia di Enzo Biffi, proiettato sabato 21 aprile in anteprima nel corso del convegno della Caritas di Monza ad Arcore. “Giovani di belle speranze” è il titolo della mattinata, scelto da don Stefano Buttinoni per illuminare un mondo giovanile spesso guardato con preoccupazione dalla società adulta.
Per farlo si è deciso di far parlare proprio loro, i ‘giovani’. Parola questa, a dire il vero piuttosto problematica e che non a caso viene pronunciata molto raramente dai protagonisti del film. “Parlare dei giovani e non coi giovani è il pericolo più grande”, spiega don Stefano introducendo il film.
Un lavoro con cui si è deciso di uscire dagli oratori e dal mondo ecclesiastico, per dare voce a un universo giovanile parallelo e difficile da intercettare, che si muove veloce su percorsi spesso sfuggenti, contraddittori e in apparenza indecifrabili per chi ha qualche anno in più.
Un mondo, spesso stigmatizzato da una serie di luoghi comuni negativi, che appare indecifrabile e disorientante perché sempre in ricerca, ma che al tempo stesso vuole vivere il presente e accetta di farsi ‘cambiare’ dalle esperienze. Un mondo da cui forse, a ben guardare, si può persino imparare qualcosa.
E così vediamo sei ragazzi tra i venti e i trent’anni, davanti a una birra, mentre si scambiano opinioni su temi che riguardano la contemporaneità e il futuro, suggeriti da un mazzo di carte: ‘carpe diem’, ‘famiglia’, ‘fortuna’, ‘estero’, ‘immagine’, ‘dubbio’, ‘partecipazione’. Senza copione e fino a notte fonda. E si scopre che, ad ascoltarli, di cose da dire ne hanno non poche.
Poi, con loro, si sale tutti in macchina e si arriva al mare, giusto in tempo per vedere l’alba, insieme. E affidare alle onde, insieme, le carte che si è cercato di decifrare.

“Il finale è proprio ciò da cui sono partito”, ha svelato il regista Enzo Biffi commentando il film. “Non c’era copione, non sapevo cosa avrebbero detto i ragazzi davanti alla birra e al mazzo di carte, l’unica cosa che mi interessava era che alla fine si trovassero tutti insieme a lanciare il messaggio in mare”. Perché ‘nessuno si salva da solo’, anche se ognuno ha il diritto di seguire la propria strada.
Qualcuno dei giovani protagonisti del film c’era anche sabato e, davanti a una platea in gran parte di un’altra generazione, ha ripercorso le riprese del film e, in parte, la propria storia personale.
Storie di ragazzi che hanno avuto la possibilità di seguire la propria vocazione, di non accontentarsi, di realizzare un progetto di vita, anche se in una prospettiva decisamente più ‘liquida’ rispetto ai loro genitori, o di correre dietro a sogni che magari non tutti i loro coetanei si possono permettere. Ma anche che decidono di impegnarsi a fondo in quello che hanno scelto di costruire.

“Loro sono la buona notizia”, ha detto Fabrizio Annaro, direttore del Dialogo di Monza e moderatore dell’incontro che è seguito alla presentazione del film. “Là dove la generazione adulta vede solo un tramonto, i giovani del film riescono a trovare l’alba”.
“Siamo un Paese vecchio”, ha spiegato il sociologo Egidio Riva, allargando la prospettiva. “Una società che ragiona secondo categorie ‘anziane’. Chiediamo ai giovani di rimanere in panchina, diciamo di avere spianato loro la strada e li chiamiamo’bamboccioni’ e ‘choosy’ se non accettano di rientrare nel tipo di futuro che noi abbiamo pensato per loro. Oppure li carichiamo di responsabilità, ma senza aver creato le condizioni reali perché possano essere liberi di scegliere e costruire il proprio domani”. E non bisogna dimenticare che i giovani del film sono un’eccezione, a livello statistico: “Alle spalle hanno una lotteria naturale e sociale favorevole, in un contesto come quello italiano dove soltanto un giovane su cinque arriva alla laurea e dove mancano politiche efficaci sul fronte della riduzione delle disuguaglianze sociali ”.

“Questi giovani hanno moltissimo da dire. Con loro dobbiamo e possiamo dialogare”, ha fatto eco il vice direttore di Caritas Ambrosiana, don Massimiliano Sabbadini. “Noi magari vediamo il tramonto, loro l’alba, ma il sole è lo stesso! Occorre attivare un dialogo vero tra le generazioni, coinvolgere i ragazzi, dare loro fiducia, renderli protagonisti, per esempio nel volontariato giovanile. Non è un caso che in Caritas vediamo crescere l’interesse giovanile per l’esperienza del servizio civile, che rappresenta un’occasione di crescita importantissima, di scoperta della dimensione della solidarietà”. Una dimensione decisiva per orientare il mondo giovanile a un impegno verso il bene comune, che si tratti di assistenza ai poveri o azione politica, come ha ribadito anche il direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti intervenendo al termine della mattinata.

Se quello che si dischiude davanti ai ventenni/trentenni di oggi appare un futuro tutto da decifrare, la voglia di conquistarsi l’alba non manca. In conclusione, don Stefano ha voluto commentare con una battuta proprio il finale del film, cogliendovi una citazione ‘morettiana’: “In Ecce Bombo i protagonisti aspettano l’alba ma il sole spunta alle loro spalle”, ha ricordato. “I giovani del film invece guardano nella direzione giusta… il rischio è che siamo noi adulti a spingerli a voltarsi dalla parte sbagliata…”