Carcere e anziani. Quando una cella diventa la tua casa ed i tuoi compagni diventano la tua famiglia.
La settimana scorsa abbiamo parlato approfonditamente della questione carcere e bambini. Argomento difficile, toccante. Lo è altrettanto, però, un altro aspetto drammatico che ho riportato nel mio libro “Oltre il pensiero delle sbarre”, ovvero quello della presenza in carcere di persone un pò in là con l’età .
Mi è capitato spesso di accogliere in permesso premio detenuti anziani, persone dallo sguardo colmo di vita vissuta; persone troppo anziane e senza una famiglia che possa accoglierle durante le loro ore di libertà; individui fragili e, a volte, con una salute precaria.
Li riconosci subito loro, i nonni: impiegano molto tempo per fare una rampa di scale e non appena trovano sul loro cammino un bambino, scatta la carezza con lo sguardo tenero e luccicante.
La loro pericolosità sociale è nulla, ma restano in carcere perché non hanno una famiglia, né un posto dove andare. Ergastolani o recidivi, hanno trascorso la maggior parte della loro vita in una prigione grigia, che è divenuta la loro casa; i compagni di cella sono divenuti la loro famiglia, fratelli o nipoti a seconda dell’età. Molti di loro hanno dei figli che, però, non hanno più voluto sapere nulla di loro e dei loro guai giudiziari.
La stessa associazione che oggi accoglie i bambini e le mamme detenute, qualche tempo fa accoglieva in permesso premio anche detenuti comuni all’interno del progetto “Un tetto per tutti”. Tra questi, uno in particolare colpiva ogni volta il mio lato sensibile e femminile. E’ un signore anziano, intorno ai 76 anni e ne dimostra anche di più per le condizioni fisiche precarie: fatica a deambulare e prende molti medicinali per la pressione e per il cuore un po’ stanco.
Nonostante ciò fuma “solo sigarette francesi”. Ha scoperto di essere diventato nonno qualche anno fa, attraverso un amico di famiglia. I suoi figli vivono in Francia, non li vede da quando è entrato in carcere. L’Associazione presso la quale trascorre il suo permesso premio è una sorta di comunità, una grande famiglia con operatori, volontari e utenti.
Qui, elargisce carezze ad ogni bambino presente; adora condividere il pranzo con me ed i volontari, lo fa sentire “in famiglia”; accompagniamo insieme i bimbi a giocare al parco, perché così sente il suo ruolo di nonno vivo dentro di lui; e infine sogna che queste poche ore di libertà “in famiglia” non gli vengano mai negate.
Jenny Rizzo