GM del Diabete: prevenire, prevenire, prevenire!

di Roberto Dominici

Il 14 novembre si celebra in tutto il mondo la giornata di lotta al diabete, una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue che possono causare danni ai tessuti e agli organi. Spesso, alla base della malattia c’è un’alterazione della secrezione pancreatica dell’insulina o dell’azione che essa esercita sulle cellule, ovvero del controllo del metabolismo degli zuccheri (glucosio) nel sangue.

Esistono diversi tipi di diabete, ma i più comuni sono il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2. Al contrario del diabete di tipo 1, in cui gioca un ruolo essenziale il sistema immunitario che attacca le cellule del pancreas impedendo la produzione di insulina, nel diabete di tipo 2, l’insulina viene prodotta, ma non è in grado di agire come dovrebbe perché le cellule non la riconoscono correttamente. Questa è la forma più comune di diabete.   

Si sviluppa generalmente nell’età adulta ed è dovuta alla combinazione di diversi fattori: predisposizione genetica, stile di vita sedentaria, obesità. Fino ad oggi la fisiopatologia del diabete si è focalizzata sull’insulina e su ruolo dei tre organi importanti per la sensibilità insulinica: il pancreas, il fegato e il muscolo

Ci sono vari livelli di intervento per chi soffre di diabete 2 basati su specifici farmaci, ma la prima attenzione è rivolta allo stile di vita, con una dieta appropriata ed esercizio fisico costante. I farmaci “storici” più utilizzati includono la metformina, le sulfaniluree o i tiazolidinedioni, farmaci che agiscono in modi diversi, ma tutti con la capacità di regolare i livelli di zucchero nel sangue, per esempio aumentando la sensibilità delle cellule all’insulina o stimolando il pancreas a produrre più insulina. Assistiamo oggi ad una nuova fase che corrisponde a una svolta nella comprensione e nel trattamento della malattia metabolica.

Le Linee Guida suggeriscono che la prevenzione del diabete deve innanzitutto partire dalla prevenzione e trattamento dell’obesità, con farmaci che hanno un effetto combinato. In linea generale, sfruttando le azioni precise ma leggermente variegate di questi farmaci, ciascun paziente potrà ricevere il trattamento più adatto per lui, sulla base delle proprie caratteristiche e della propria storia di malattia. La scienza moderna ha allargato la visione e sono entrati in gioco altri regolatori del metabolismo glucidico.

Il ruolo svolto dall’insulina nel mantenimento dell’equilibrio del glucosio resta fondamentale ma, altri elementi si sono aggiunti al nucleo centrale del mosaico.  Si sta acquisendo una sempre maggiore consapevolezza dei vari ormoni e sistemi che nel corpo influenzano i livelli di glucosio, tra cui c’è anche il rene e la sua capacità di filtrare e “riciclare” il glucosio; nei soggetti diabetici la capacità renale di riassorbimento può essere eccessiva, portando a livelli più alti di zucchero nel sangue.

Di recente, sono stati sviluppati dei farmaci che agiscono proprio sulla funzione renale, aiutando a eliminare più zucchero attraverso l’urina. Sono  farmaci che hanno bersagli molecolari diversi ma comunque connessi con la capacità di regolare la quantità di glucosio nel sangue. Questi farmaci stimolano il peptide-1 simile al glucagone (GLP1), oppure inibiscono l’enzima dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4) o ancora inibiscono una proteina presente nelle cellule renali, il cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT-2).

Una delle classi di molecole importanti riguarda il sistema delle incretine e la sua interazione con organi come il pancreas, il fegato e il cervello. Le incretine sono un gruppo di proteine derivate dal proglucagone (il glucagone è un ormone secreto dal pancreas antagonista dell’insulina) da poco disponibili in forma farmaceutica per la terapia del diabete 2 e di cui sono disponibili anche nuovi analoghi molto efficaci.

Sono ormoni rilasciati dall’intestino nel sangue che svolgono diverse funzioni, di cui una delle più importanti è la stimolazione del pancreas a produrre più insulina in una fase precoce del processo digestivo. Al fegato segnalano di immettere meno glucosio in circolo e così facendo contribuiscono a mantenere i livelli di zucchero nel sangue più stabili, evitando picchi e cadute brusche che possono essere pericolosi per le persone con la malattia. Quando assumiamo il cibo, l’intestino rilascia gli ormoni incretinici, tra cui il GLP-1. Quest’ultimo ha un ruolo fondamentale nel ridurre i livelli di glucosio nel sangue: stimola il pancreas a rilasciare insulina (quando i livelli di glucosio sono alti) riducendo il rilascio di glucagone e segnalando al fegato di smettere di produrre glucosio.

Tuttavia, nell’organismo, il GLP-1 naturale è degradato rapidamente, quindi il suo effetto è breve. Per ovviare a questo problema sono stati sintetizzati alcuni farmaci specifici di cui il più noto, salito agli onori della cronaca, è la semaglutide, che è appunto un agonista del GLP-1. Esso imita l’azione del GLP-1 e la potenzia, contribuendo a ridurre i livelli di glucosio nel sangue. Inoltre, la sua molecola è modificata in modo da durare più a lungo. Quando una persona inizia un trattamento con semaglutide, sta potenziando l’effetto benefico del GLP-1.

E’ stato inoltre mostrato che semaglutide influisce sulle aree cerebrali responsabili della regolazione dell’appetito e anche su quelle deputate al piacere, del desiderio e della soddisfazione nel tempo per quel che si è mangiato, determinando un sensazione di sazietà e di benessere. Queste azioni inducono perdita di peso corporeo, con profonde implicazioni non solo per i pazienti con diabete, ma anche per chi è in sovrappeso e obeso.

La famiglia degli analoghi del GLP-1 è già ampia. Dulaglutide è uno di questi, con meccanismi d’azione simili a semaglutide ma con specificità nella somministrazione e nella durata d’azione. In Italia, è già commercializzato e ha dimostrato di offrire benefici nel controllo glicemico e, in parte, nella perdita di peso. Poi c’è liraglutide, simile a semaglutide ma con una struttura leggermente diversa, che proprio in studi condotti in Italia ha dimostrato favorire un importante calo di peso riducendo soprattutto il tessuto grasso e risparmiando la massa muscolare (effetto cruciale per le persone in là con gli anni, già soggette a un fisiologico calo di massa muscolare).

Un altro membro degno di nota è il tirzepatide, molecola con una struttura sia di agonista di GLP-1 che di GIP (Polipeptide Insulinotropico dipendente dalla glicemia), che riesce a legare contemporaneamente più recettori potenziando il controllo del diabete e con l’effetto di calo ponderale. I dati ottenuti dagli studi clinici sono molto incoraggianti e ora non resta che aspettare la sua immissione in commercio in Italia. Il vantaggio indiretto di molecole come semaglutide, dulaglutide, liraglutide e tirzepatide è quello di offrire un ventaglio di opzioni per personalizzare i trattamenti. Ogni paziente ha un profilo unico di risposta e, mentre alcuni potrebbero beneficiare maggiormente dell’effetto sulla sazietà, altri potrebbero richiedere un controllo glicemico più stretto.

Un altro vantaggio di questi nuovi farmaci è che hanno anche altri effetti positivi, come quello di protezione cardiovascolare che si riscontra sia nella diminuzione del rischio di morte cardiovascolare sia nella riduzione del rischio di ictus. Può verificarsi che i pazienti, in terapia cronica con i farmaci suddetti, sviluppino una ridotta risposta ai farmaci. Le cause possono essere la progressione della malattia o lo sviluppo di meccanismi di resistenza ai farmaci. Ecco allora che i nuovi farmaci, da affiancare alle terapie convenzionali, sono in grado di prevenire e rallentare le complicanze cardiovascolari e renali spesso associate al diabete. Le due altre classi di farmaci sono gli inibitori del DPP-4 e quelli inibitori di SGLT-2

I primi sono capaci di inibire l’enzima DPP-4 (dipeptidil peptidasi-4) responsabile del catabolismo delle incretine, per potenziare l’azione del GLP-1. Appartengono a questa classe i farmaci sitagliptin, vildagliptin, saxagliptin, alogliptin, linagliptin. I secondi agiscono inibendo l’SGLT-2 (cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2) che è una proteina presente sulla membrana delle cellule dei tubuli renali, che permette di “recuperare” il glucosio e il sodio filtrati nella preurina. Nei pazienti con diabete di tipo 2, l’inibizione di SGLT-2 consente di aumentare l’escrezione di glucosio attraverso l’urina, riducendo così i livelli della glicemia.

Tra i farmaci ad oggi approvati dall’FDA abbiamo: canagliflozin, dapagliflozin, empagliflozin, bexagliflozin. E’ bene sempre valutare la capacità di filtrazione glomerulare renale dei pazienti prima che vengano sottoposti a questo tipo di terapia. Infine vorrei evidenziare alcuni recenti studi che hanno permesso di identificare 395 geni la cui espressione è modificata nei pazienti affetti da diabete di tipo 2.

Tra questi, il gene PAX 5 sembra fortemente associato a una ridotta secrezione di insulina. Quindi si è pensato di modificare questo gene attraverso le “forbici molecolari” della tecnica di editing genomico CRISPR-Cas9. Tuttavia, il potenziale di questo approccio CRISPR-Cas9 per il diabete 2 è ancora oggetto di ricerche. Il futuro della terapia sempre più efficace del diabete è già tracciato a beneficio di tutti i pazienti.

 

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