di Giacomo Orlandini
Cavour la nominò la “tassa degli imbecilli”, l’unica forma di tassazione volontaria. Oggi Papa Bergoglio lo definisce “un cancro sociale, un flagello al pari del narcotraffico”.
Parliamo del gioco d’azzardo: metodo di riscossione scaltramente inventato dagli imperatori romani che è divenuto, col tempo, lo strumento più semplice e veloce per depauperare inconsapevolmente i contribuenti italiani. A causa dei numerosi provvedimenti di legalizzazione da parte dei governi italiani, il giro d’affari del gioco d’azzardo è quadruplicato in soli 15 anni (dai 26 miliardi di euro nel 2005, agli oltre 100 miliardi dell’anno scorso). Ormai da anni, l’Italia è la prima nazione europea per gli incassi fiscali derivanti dal gioco. Gli italiani sono meno dell’1% della popolazione del pianeta, ma nel gioco d’azzardo online rappresentano il 23% del mercato mondiale.
In realtà il dato spaventoso è quanto i cittadini spendono pro capite nei giochi d’azzardo. Ogni cittadino italiano, minorenni compresi, si è giocato in media l’anno scorso più di 1.700 euro secondo i dati ufficiali dell’Agenzia Dogane e Monopoli. L’Italia si conferma così come quarta nazione per perdite complessive al gioco d’azzardo (dietro a colossi come Stati Uniti, Cina e Giappone).
Martedì 3 dicembre, lo spettacolo “Gran Casinò”, in scena al teatro Franco Parenti, ha denunciato la scarsa consapevolezza della gravità del problema della ludopatia. Raccontando in modo coinvolgente storie di ex politici e manager di multinazionali dell’azzardo che giocano sulla pelle degli altri, Fabrizio De Giovanni scava nel torbido di un business miliardario che consuma le sue vittime in un circolo vizioso di debiti e usura.
Le sofferenze di chi cade nella dipendenza alimentano le tasche dello stato, delle concessionarie e della criminalità organizzata. Per una percentuale non trascurabile degli scommettitori il gioco diventa una dipendenza, una patologia del tutto analoga a quella della droga o dell’alcol. Ne conseguono vere e proprie tragedie che distruggono individui e famiglie. Gran casinò ripercorre la storia del gioco d’azzardo dal punto di vista delle vittime, dei carnefici e anche dei complici.
Il gestore di un locale che assiste impassibile ai drammi del gioco d’azzardo facendo finta di non vederli è un complice. Ma una slot-machine in un bar genera un profitto a cui difficilmente si riesce a rinunciare e, anche a volerlo, non è facile liberarsene: i contratti sono spesso vincolanti, il fornitore delle slot-machine finanzia l’esercente per migliorie al locale o altro in cambio dell’ospitalità dei suoi prodotti.
Itineraria Teatro, in collaborazione con La Banda degli Onesti, AcomeA Sgr, Rete civica Milano No Slot, Anci Lombardia, Coordinamento Comitati Milanesi e teatro Franco Parenti, mette alla luce del palcoscenico le false promesse che fomentano le innocenti speranze di una vita agiata naufragando, infine, in storie drammatiche.
È davvero sconcertante constatare che lo stato fa sempre più riferimento al fenomeno del gioco d’azzardo legalizzato per far fronte alle spese sociali e tentare di contrastare il deficit pubblico. Lo scopo delle istituzioni è quello di educare i cittadini, proteggere la loro salute mentale e fisica, non certo quello di indurli a giocarsi lo stipendio. Per un reale rilancio dell’economia i risparmi degli italiani dovrebbero entrare in circolazione nel mercato attraverso canali produttivi e non diventare prima fonte di entrate nelle casse statali attraverso le perdite al gioco.
Attualmente, in questo senso si stanno muovendo i sindaci di molte città a partire da Milano, mentre continua l’impegno dei sindacati e delle associazioni. Si dovrebbe agire in campo nazionale, senza arrivare al proibizionismo. Si dovrebbero regolamentare la quantità e la posizione delle sale giochi e la dislocazione delle slot-machine. Si dovrebbe vietare la martellante pubblicità che racconta come vincere sia facile. Si dovrebbe sconfiggere la cultura per la quale conviene puntare sulla fortuna che su sé stessi.
“Gran Casinò”, invece, punta su tutti noi per combattere il gioco d’azzardo.