Grazie Italia!

migranti-grazieitaliadi Daniela Zanuso

Il tema è stato l’accoglienza, i percorsi di insegnamento della lingua italiana, i processi di integrazione sociale  dei migranti e richiedenti asilo, con particolare attenzione alla motivazione. Se ne è parlato a Monza, sabato 26 presso la sede della provincia di Monza e Brianza dove si è tenuto il secondo convegno annuale su questo tema. Titolo del convegno: ” La porta per un nuovo mondo”.Organizzato da RTI Bonvena, CPIA, CSV e altre associazioni che si occupano di percorsi di insegnamento e di integrazione, il convegno è stato occasione per riflettere su un tema tanto delicato quanto attuale.

Dopo una breve introduzione ai lavori da parte di Roberto D’Alessio, Presidente del Consorzio Comunità Brianza, ha preso la parola il professor Roberto Bestazza, psicologo-psicoterapeuta e presidente della cooperativa  Terrenuove di Milano. Bestazza ha parlato della sua esperienza con gli stranieri non come un dare unidirezionale, ma come un arricchimento reciproco.

“La maggior parte dei migranti e richiedenti asilo giunge in Italia dopo viaggi interminabili, spesso anche dopo esperienze devastanti”. E racconta una storia delle tante : un ragazzo del Centrafrica, fuggito con il fratello dopo aver assistito all’uccisione dei suoi genitori, che ha proseguito il suo viaggio fino in  Libia dove il fratello è morto di stenti e dove lui ha subito violenza. 

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Un momento del convegno

Nonostante questo  è riuscito a raggiungere la Sicilia e la domanda che sorge spontanea è:  “ Ma come ha fatto?”

“L’esperienza mi ha insegnato che  proporre un percorso che parte dall’insegnamento dell’italiano equivale ad aprire una porta su un nuovo mondo. La maggior parte di loro viene da culture profondamente diverse dalle nostre. A volte sono analfabeti  e la  sfida dell’integrazione sociale passa anche attraverso la costruzione di rapporti e l’accettazione, da parte loro, di situazioni fortemente diverse da quelle che sono stati abituati a vivere. Per esempio ragazzi arabi di fronte ad un’insegnante donna. Abbiamo notato che anche il loro modo di presentarsi e relazionarsi cambia nel tempo e si ha un effetto di normalizzazione, inteso in senso positivo”.

“Uno dei concetti che accomuna la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo – prosegue il professor Bestazza – è la dislocazione involontaria, cioè io lascio la mia casa per motivi di guerra, di persecuzioni religiose e scappo ma non so dove devo andare. Questo significa non  sentire la propria casa come un luogo sicuro e non avere nemmeno un progetto per la propria vita, per il proprio futuro.  La conseguenza è una crisi della presenza, perché non sono io il responsabile delle mie scelte, ma gli altri. Il risultato è un  forte disagio, uno spaesamento, un vuoto di memoria autobiografica a cui consegue la passività, l’isolamento, la sofferenza identitaria ”.

Sono persone sempre in sospeso tra due mondi e questo alimenta una condizione di fragilità. Cosa fare di fronte a situazioni di tale sofferenza?

“Le risposte sono diverse – prosegue Bestazza- e vanno dall’adesione al modello di vita occidentale, alla deriva sociale, perché non è possibile tornare al proprio paese se si è fallito l’obiettivo. A questo punto è necessario attivare processi di integrazione identitaria e sociale, stabilire insieme a loro cosa desiderano fare, promuovere progetti partecipanti e trasparenti.”

Sembra quindi che il coinvolgimento sia,  se non proprio la bacchetta magica, quanto meno una soluzione che può diventare occasione di fare gruppo, creare legami significativi e attivare aspetti motivazionali sia da parte degli accolti, sia da parte di chi accoglie.

Roberto D'Alessio a sx e Roberto Bestazza
Roberto D’Alessio a sx e Roberto Bestazza

Poi ci riporta un’esperienza recente. Grazie all’alternanza scuola-lavoro, due licei milanesi sono stati coinvolti in un’esperienza diretta con i migranti. Il risultato è stato sorprendente, soprattutto per i ragazzi italiani che, dalla conoscenza diretta dei migranti, hanno tratto considerazioni completamente diverse da quelle che sono abituati a ricevere dai media.

Si è inoltre approfondito il delicato tema dei minori stranieri non accompagnati, problema che si amplifica dopo il compimento del 18° anno d’età,  quando la prospettiva è la strada e una parte di loro finisce nelle maglie della microcriminalità o dello sfruttamento sessuale, quest’ultimo più legato alla magia e all’animismo che ad altre pratiche .  

Il convegno è proseguito con un video-presentazione di Africa Bougou e CCB e con interventi delle associazioni coinvolte nelle esperienze di insegnamento e progetti formativi fra cui CPIA e l’Ufficio Scolastico Territoriale .

La conclusione ha visto come protagonisti proprio un gruppo di migranti e richiedenti asilo, che sono stati premiati con il diploma di terza media, ottenuto dopo un percorso di studio a cui è seguito  anche un periodo di apprendimento professionale. Giovani donne e uomini  provenienti dal Gambia, Mali, Costa d’Avorio, Nigeria, Zambia, Senegal, Afghanistan, Ghana, tutti accomunati da un unico  pensiero: ringraziare l’Italia che si è presa a cuore le loro vite.  

 

 

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