di Francesca Fumagalli
«Voglio che siate presi dal panico, come se la vostra casa avesse preso fuoco». Con l’affermazione che l’ha resa celebre in tutto il mondo, la giovanissima attivista svedese Greta Thunberg il 16 aprile scorso apre il suo discorso davanti alla commissione europea ENVI (Environment, Public Health and Food Safety), riunita a Strasburgo per l’ultima sessione plenaria dell’attuale legislatura dell’Europarlamento. La stanza, generalmente adibita ad ospitare un numero limitato di deputati, è gremita di europarlamentari, giornalisti e interpreti, tanto che molti di questi attendono il discorso della sedicenne in piedi.
Davanti a questo pubblico numeroso e fibrillante, la fondatrice del movimento “Fridays For Future” appare ancora più piccola della sua giovane età. Greta è arrivata a Strasburgo con un lungo viaggio in treno dalla Svezia, preferendolo ad un volo aereo per limitare la sua impronta ecologica, e ha subito incontrato il presidente del Parlamento Europeo uscente Antonio Tajani in un bilaterale a porte chiuse.
Quando le viene ceduta la parola Greta si alza in piedi, si avvicina incerta al microfono, ma con voce ferma e decisa compie di nuovo la sua magia: dall’alto dei suoi 145 cm raccoglie l’attenzione di tutti i presenti.
«Molti politici mi hanno detto che il panico non porta mai a niente di buono, e lo condivido: la paura e l’agitazione sono controproducenti quando non necessarie, ma non è questo il caso. La nostra civiltà risiede in un castello costruito sulla sabbia, dall’incantevole facciata, ma senza fondamenta. Notre-Dame verrà ricostruita perché ha un’ottima struttura alla base, noi possiamo dire lo stesso del nostro pianeta?»
La studentessa ancora ragazzina, come lei stessa ama presentarsi con il termine inglese schoolgirl, capace di ispirare lo scorso 15 marzo milioni di coetanei a scendere in piazza ad urlare in coro: «Non esiste un pianeta B!», prosegue il suo discorso portando davanti all’Europarlamento numeri e statistiche: 10 anni, quelli che ci separano da raggiungere un punto di non ritorno per la salvezza del nostro pianeta, e 50% la percentuale minima necessaria di riduzione delle emissioni di CO2 per poterci ritenere soddisfatti. Ecco dunque giustificato il panico: gli stessi scienziati affermano che per raggiungere certi obiettivi sono necessarie tecnologie che ancora non sono state elaborate. Come biasimare dunque Greta la quale, quando le viene ricordata l’esistenza dell’Accordo di Parigi sottoscritto dalle Nazioni Unite per la diminuzione del gas serra, risponde che le firme sono giunte con trent’anni di ritardo.
Il discorso di Greta prosegue, senza mancare di emozioni: dalla commozione della piccola oratrice nel ricordare la preoccupante quantità di specie animali ormai estinte, alla sua ironia amara, di cui si serve per affermare: «La nostra Casa sta crollando, ma evidentemente i nostri capi di Governo non ne sono a conoscenza. Se sapessero che la nostra Casa fosse presa dalle fiamme non prenderebbero voli in business, non perderebbero tempo con tre summit d’emergenza sulla Brexit, ma soprattutto non direbbero che la situazione sia sotto controllo.»
Greta attende il termine dell’applauso della sala per fare un ultimo appello a coloro che a fine maggio andranno alle urne. La giovanissima ci ricorda infatti che lei, come molti altri suoi coetanei, non potrà ancora esprimere la sua preferenza in merito alla prossima legislatura dell’Europarlamento, nonostante sarà prima protagonista e testimone degli eventi futuri. Chiede dunque un voto ragionato e impegnato, un voto per i giovani abitanti di una Casa in fiamme.
L’Europarlamento di Strasburgo la saluta con una standing ovation.