di Fabrizio Annaro e di Enzo Biffi
Enzo Biffi:
Scrivo a fatica, consapevole di essere un grano nell’universo ma spinto dal rispetto che ho verso le sole granitiche certezze che mi restano: la fede smisurata verso l’educazione alla pace e il potere delle parole.
L’orrore che stiamo vivendo sgomenta, pietrifica commuove. L’illusione di una civiltà capace di proteggersi dalla più brutale delle esperienze umane crolla inesorabile sulla nostra impotenza. Ci troviamo arresi davanti all’evidenza del primato di pochi orribili sentimenti: odio, diffidenza, avidità e potere.
Scopriamo solo ora una vulnerabilità che credevamo aver sconfitto con lo scudo delle democrazie della diplomazia e forse anche del mercato globale.
Siamo invece ancora chiusi dentro un castello assediato con la sola differenza che nel fossato i coccodrilli sono nucleari. Eppure, abbiamo ancora la prodigiosa risorsa che l’universo fin qui conosciuto ci ha donato: il pensiero.
Fra le scelte sciagurate che si possono fare in questi momenti c’è sicuramente il rischio di cadere nella tentazione di semplificare e acriticamente chiudere l’ascolto delle ragioni dell’altro.
La parola, il dialogo e la conoscenza sono gli unici e sostanziali strumenti che ci definiscono come appartenenti al genere umano e perseguirli fino allo sfinimento appare come la sola risorsa, il vero nobile esercizio per risolvere le controversie. Costruire e promuovere l’agire in pace vuol dire credere prima nel valore della cultura, nel potere delle parole e nel coraggio del confronto anche quando sembra impossibile.
San Francesco che sceglie di parlare col lupo e col sultano, è il vero gesto coraggioso, eroico perché armato solo di buone intenzioni.
Sempre dove c’è un pensiero non c’è un’arma, dove tace la parola romba il fucile e noi questo abbiamo il dovere di ricordarcelo, di ripeterlo e soprattutto di insegnarlo.
Cedere alla tentazione di aggredire l’altro per incapacità di dialogarci, equivale a condannarlo a priori per la sola ragione di una diversa appartenenza, buttando ogni tentativo di conciliazione in un pozzo senza fondo.
In guerra non vince nessuno, muoiono tutti, uomini e donne, valori e culture, muoiono le speranze, muoiono fin anche le illusioni di vittorie perché non c’è gloria in alcuna vittoria se costata fiumi di lacrime e sangue.
Ora sembra che tutto questo non stia accadendo. Nuvole nere sono calate su una parte del mondo ma dentro la tempesta brevi lampi di luce pieni di energia positiva si palesano intermittenti.
Appelliamoci a questi, per ora si chiamano cessate il fuoco, corridoi umanitari e aiuti.
Aiutiamoli tutti, inteso come aiutiamo tutti loro ma anche noi tutti aiutiamo loro.
Aggiunge Fabrizio Annaro:
Brevi lampi di luce ed imprevedibili eventi come la ritrovata compattezza dell’Europa che ha saputo rispondere con equilibrio e saggezza. Un’accoglienza “senza se e senza ma” (il che non era scontato) dei profughi ucraini. Un risveglio dell’opinione pubblica dall’indifferenza con numerose manifestazioni No War e preghiere per la pace. Un desiderio di reagire all’angoscia e alla paura che ci assale di fronte ad un’inimmaginabile escalation della guerra. E’ difficile prevedere gli sviluppi di questa situazione.
Non ci sono riusciti neanche i cosiddetti esperti. I più prudenti ammettono l’impossibilità di fare previsioni a causa dell’ipotetica instabilità mentale dello zar. Ragionamenti che mettono in evidenza tutta la debolezza della cultura occidentale nel comprendere quello che sta realmente accadendo nelle stanze del Cremlino.
Oggi la Politica con la P maiuscola è chiamata ad entrare in azione. Ha ragione Enzo: la parola, il dialogo e la conoscenza … sono fondamentali per riattivare percorsi di pace. Per il momento piangiamo sui i morti, sul dolore del popolo ucraino e dei giovani russi sacrificati non si sa bene per quale causa. Nelle guerre non c’è nemico, non c’è vittoria c’è solo morte e disperazione.
In queste ore rischiamo di farci prendere dalla paura e dall’angoscia. Abbiamo un’arma formidabile che può redimerci o farci precipitare. E’ il pensiero, è la conoscenza, è il conoscere la storia e prendere da essa spunto. Non solo. Ci possono aiutare l’arte, la filosofia, la teologia, la preghiera …
L’Arcivescovo anglicano di Johannesburg, Desmund Tutu, recentemente scomparso, amava ripetere che la Storia è imprevedibile. “Molti di noi in Sud Africa erano ormai rassegnati alla dittatura dell’apartheid. I nostri capi erano in esilio. La violenta repressione era pane quotidiano. Sembrava che il nostro destino fosse solo sofferenza, ingiustizia e morte. Invece, inaspettatamente, la Storia (grazie a leader illuminati) ha deciso che anche in Sud Africa iniziasse un processo di liberazione. E così è stato.”
All’inizio della Pandemia ci domandavamo se al termine saremmo stati migliori o peggiori. La domanda è ancora attuale.