di Valeria Savio
Il 28 febbraio del 1916 muore a Londra lo scrittore Henry James, considerato uno dei pionieri del romanzo moderno. Nato a New York da una ricca famiglia di intellettuali, appartiene a pieno titolo sia alla storia della letteratura americana che a quella inglese, trascorse infatti la maggior parte della sua vita in Europa, poiché l’America gli sembrava ancora poco matura per la produzione di grandi opere letterarie, e riteneva che il vecchio continente fosse più ricco di cultura e tradizioni.
Saggista e critico letterario, fu uno scrittore molto prolifico, compose ventuno romanzi, alcune opere teatrali e circa un centinaio di racconti, fra i quali Giro di vite, 1898, dal quale il regista Jack Clayton nel 1961 trasse un celebre film, Suspense, interpretato dall’attrice Deborah Kerr.
Nei suoi primi romanzi James incentrò la propria attenzione sulla scena internazionale, ovvero sull’effetto che l’Europa aveva sugli Americani che vi giungevano, e sul conflitto fra il vecchio e il nuovo mondo: “Londra aveva le sembianze di un gigante e io per parecchio tempo, perché gli anni erano passati, avevo mantenuto le distanze senza osare concedergli un po’ della mia fiducia”, scrive James nella sua Autobiografia degli anni di mezzo, racconto pubblicato nel 1893.
Il romanzo Ritratto di signora, 1881, appartiene a questa prima fase produttiva, e racconta la storia del fallimento matrimoniale e sentimentale di una giovane donna americana, ingenua ed idealista, che diventa vittima di un uomo che la sposa solo per la sua ricchezza, rovinandole la vita. Successivamente lo scrittore si soffermò su personaggi tipicamente inglesi e sulla scena britannica, per ritornare in seguito ad affrontare il tema della scena internazionale, con maggiore maturità stilistica ed interpretativa, pubblicando quelli che sono considerati i suoi capolavori: Le ali della colomba, 1902; Gli Ambasciatori, 1903 e La coppa d’oro, pubblicato nel 1905.
Il suo stile decisamente elaborato è stato talora criticato perché ritenuto complesso e tortuoso, tuttavia era anche questo un artificio espressivo che consentiva di esplorare i dettagli e le sfumature dei personaggi dei suoi romanzi, tutti accomunati da personalità complesse e forte sensibilità; non a caso Joseph Conrad definì James “lo storico delle coscienze sottili”.
James, inoltre, era un attento osservatore sia del contesto sociale che della vita interiore degli uomini, e sosteneva che “l’unico motivo che giustifica l’esistenza del romanzo è che esso deve tentare di rappresentare la vita”; nelle sue opere prediligeva il metodo drammatico, ovvero la presentazione diretta degli eventi e dei pensieri dei protagonisti, evitando l’aggiunta di spiegazioni e commenti.
Questa ricerca di oggettività, che dava vita a romanzi più incentrati sulla vita interiore dei personaggi che sugli eventi esterni della trama, è stata la principale eredità che Henry James ha lasciato alle generazioni di scrittori a lui successive.
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