I Poveri e l’ I-Pad

di Enzo Biffi

La casa è di quelle che definir modeste è puro eufemismo. Roba da muffa sui muri, arredo di cartone pressato umido e scritte a bomboletta. Letti che non sono, bagni che non sono, stoviglie poche e frigorifero avaro,  avarissimo. Case forse occupate, fatte per poveri con cemento, appunto, povero. Sono i ricoveri di un’umanità minore, donne maghe del tirar su figli e uomini troppo rassegnati per non rassegnarsi. Così stanno, stesi su divani&divani, a incantarsi davanti a televisori a led di ultimissima generazione. Scandalo. Euro buttati per così futili oggetti – e quante cose potrebbero fare al posto di…-

Sono i poveri. Quelli veri, quelli da mensa Caritas, quelli da disoccupazione cronica, quelli che attirano a sé tanta comprensione quanto giudizio.Perché esser povero non è una condizione ma una colpa da espiare, un difetto in qualche modo meritato, c’è un po’ di sospetto, una voglia di attribuirne la causa a una volontà, un  torto, un’ incapacità; perfino la sfortuna viene coniugata in negligenza.

E allora il giusto, è accettare in silenzio la propria pena e negarsi di conseguenza anche quella piccola magia che sanno dare a volte i simboli effimeri del dio consumo: farci sentire tutti uguali, tutti ricchi. E allora noi, adoratori dello stesso pagano credere, dipendenti delle stesse luccicanti ipnosi, ce ne stiamo lì, un po’ tronfi, a giudicar chi, da tale droga non sa disintossicarsi.

Facile virtù non cedere in tentazione davanti ad un piatto grasso e invitante quando non si conosce la fame.

Certo la povertà è una brutta bestia e il riscatto non può passare per oggetti e simboli da acquistare, quelli sono miraggi nel deserto, ma per chi da assetato passa la vita, anche  un’illusione aiuta nel cammino.

Così mi piacerebbe, fra vestiti dismessi, cestini di vivande, e perfino medicine, poter distribuire I-Pad, oggetti forse, una volta tanto, utili davvero.

 

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