di Francesco Troiano
Salgo sulla carrozza del metro in una girandola di pensieri.
Mi siedo affianco a una donna sui trentacinque. Nello scuro del finestrino (e con la coda dell’occhio) scruto la mia compagna di viaggio: un viso sofferto, giacca marrone, i capelli liscissimi a caschetto, borsa rossiccia, un foulard con dei disegni a mandala e le unghie smalto scuro.
A Porta Romana, mi accorgo che cerca qualcosa nella borsa. Estrae una fotografia bianco e nero di un uomo su una lambretta. Un bel tipo alla Mastroianni, capelli pettinati all’indietro, pantaloni e camicia chiari e lo sfondo di un lungomare.
La donna guarda incantata quel quadratino un po’ sgualcito. Infila ancora le mani nella borsa e compare un campanellino con dei ricami d’argento.
Appoggia il campanello sulla foto e, con due dita dell’altra mano, pizzica un centimetro di lembo della giacca giocandoci come fosse una carezza.
Oso sbirciarle il viso: gli occhi sono umidi e verdi come il mare del pomeriggio. Intanto, vedo che ha girato la foto per leggere una scritta:
“papà, San Benedetto, luglio 77.”
Al capolinea, fra le teste degli altri passeggeri, l’ho seguita con lo sguardo.
Il campanellino fra le dita, correre avanti verso le scale dell’uscita, illuminate da un raggio chiaro del primo mattino.