di Francesco Troiano
Sono sul tram. Al mio fianco si siede una signora vestita di un paletot color tortora con delle pregiate lavorazioni a ricamo e tante spille sulla maniche e sul davanti.
Sono spille di pietra naturale e qualcuna di queste con delle piccole foto-ritratto. Non riuscendo a trattenere la mia curiosità mi faccio avanti: “Signora volevo complimentarmi per le bellissime spille!”
“Oh, grazie, lei è gentile. Lo so, è un po’ strano, ma ci sono particolarmente affezionata. Guardi, ad esempio, questa è la foto del mio papà. E questa è una gemma di topazio che mi aveva regalato mia sorella tornata da Auschwitz”.
“Davvero? Tornata dall’inferno…”
“Si. Durante i rastrellamenti io ero rimasta da sola in casa. Poi una mia zia mi trovò e mi ha cresciuta. Nel ’45 mia sorella fu liberata dagli americani. Quando ci rincontrammo aveva questa spilla sul giacchino regalatagli da un inserviente del campo. Purtroppo è andata in cielo e questa pietra me la porto come se lei fosse sempre con me”.
Saluto la signora delle spille con un sorriso velato dalla mascherina e scendo alla fermata del Castello Sforzesco. Cammino a fianco al Castello, lentamente, con il freddo fuori e il freddo nel cuore.
Vedo una donna con il suo cagnolino che ha una collanina con una stella di Davide. La osservo seduta sulla panchina: ho pensieri che si aggrovigliano e accenno un inchino, nella sua direzione.