I vincitori del concorso di critica teatrale

Si è concluso il Corso di Critica teatrale, edizione 2024 – 2025, promosso dal Teatro Manzoni di Monza e guidato da Valeria Ottolenghi. Il laboratorio offre agli studenti delle scuole superiori di Monza la possibilità di sviluppare il senso critico e la scrittura. Durante il corso ogni studente propone una recensione che parteciperà al concorso conclusivo che mette in palio abbonamenti e biglietti gratuiti per la prossima stagione  teatrale.

Da siniistra: Arianna Bettin, Edoardo Mariani, Valeria Ottolenghi, Salvatore Lauricella, Barbara Ongaro, Paola Pedrazzini

Pubblichiamo molto volentieri le tre recensioni vincitrici del concorso di quest’anno. Edorado Mariani, studente del Liceo Valentini di Monza si è aggiudicato il terzo e il secondo posto. Il primo premio è stato attribuito allo studente dell’Hensemberger di Monza  Salvatore Lauricella.

Tutte le tre recensioni riferiscono a spettacoli teatrali del Manzoni andati in scena la scorsa stagione. La Giuria era formata da esperti del mondo della cultura  e giornalisti. 

Terzo posto:

Edoardo Mariani

Il tango delle capinere

Liceo Artistico Valentini –  Monza

Emma Dante, con Il tango delle capinere, trasforma il palcoscenico del Teatro Manzoni di Monza in un luogo di memoria e nostalgia, dove la danza diventa racconto e il tempo si piega su se stesso. La narrazione procede con un equilibrio delicato, alternando momenti di struggente malinconia a frammenti di vivace ironia. L’inizio dello spettacolo è carico di suggestione: due anziani, interpretati con grande sensibilità da Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, emergono lentamente da due bauli, come sospesi tra il presente e un passato che si ostina a riaffiorare. Il loro incedere tremolante, fatto di abbracci, carezze e sguardi, li avvicina allo spettatore, mentre una pioggia di piccole luci scende dall’alto, avvolgendo la scena in un’atmosfera sospesa.

Il minimalismo della scenografia, essenziale ma evocativa, si sposa perfettamente con la struttura dello spettacolo. Le canzoni, scelte con cura, fungono da filo conduttore per la narrazione: da E se domani di Mina a Lontano lontano di Luigi Tenco, ogni brano evoca un frammento di vita, un ricordo da trattenere. Il viaggio dei due protagonisti è una danza all’indietro nel tempo, una metamorfosi in cui la vecchiaia si dissolve, lasciando affiorare una giovinezza vibrante di sogni e passioni. In questo percorso, la regia di Dante si distingue per la delicatezza con cui alterna tenerezza e disincanto, portando in scena un teatro fisico che si nutre di emozioni autentiche.

Il tema della memoria collettiva si intreccia a quello della storia personale, creando un mosaico di immagini e suoni che riportano alla luce momenti iconici del passato. Il trionfo dell’Italia ai Mondiali del 1982, con l’eco della voce del commentatore, si mescola alla spensieratezza degli Watussi di Edoardo Vianello e alla poesia di un Natale evocato dalle parole di Francesco De Gregori. L’uso della musica e della danza non è mai decorativo, ma diventa il linguaggio principale attraverso cui i protagonisti raccontano la loro storia, quasi senza bisogno di parole.

Nella seconda parte, il gioco si fa più intenso e struggente. La coppia rievoca il ricordo di un figlio, trasformandolo in un momento di tenerezza e gioco, prima di abbandonarsi a un ballo che ripercorre epoche e mode: dal cha-cha-cha al twist, dal ballo del mattone alla milonga di Piazzolla. I costumi, che mutano progressivamente, accompagnano questa trasformazione, sottolineando il passaggio da un passato felice a una realtà in dissolvenza. Il matrimonio, ricorrente nell’immaginario di Emma Dante, si fa simbolo di un’illusione collettiva, di un sogno che si scontra con la fragilità del tempo.

La conclusione dello spettacolo è carica di poesia e struggimento. Sulle note di Il tango delle capinere, cantata da Nilla Pizzi, la coppia si abbandona a un ultimo ballo, un addio dolce e inevitabile. L’uomo si accascia al suolo, la donna lo culla, lo veste con una camicia da notte bianca e lo depone nel baule, come a voler sigillare per sempre il loro amore per poi, anche lei rifugiarsi nel proprio baule.

Secondo posto:

Edoardo Mariani 

È bello vivere liberi 

Liceo Artistico Valentini – Monza

Marta Cuscunà, con È bello vivere liberi!, trasforma il palcoscenico del Teatro Manzoni di Monza in un luogo di resistenza attiva e memoria partecipata, dove il teatro diventa voce per le storie dimenticate e la scena si fa spazio di impegno civile. Attraverso un raffinato intreccio di narrazione, animazione e teatro di figura, l’artista racconta la vita di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana italiana, con un linguaggio che emoziona e scuote. L’inizio dello spettacolo è sobrio e carico di tensione: una valigia grigia poggiata in disparte e un’attrice sola che, senza artifici, introduce il suo racconto. La scena, essenziale ma ricca di significati, si anima progressivamente grazie alla presenza di cinque burattini a guanto e un grande pupazzo, figure che prendono vita attraverso la voce, le mani e il corpo di Cuscunà.

Con grande sensibilità, l’attrice alterna toni leggeri e ironici a passaggi di profonda commozione, costruendo un delicato equilibrio tra il dolore della Storia e la forza di chi ha lottato per cambiarla.

La regia, firmata dalla stessa Cuscunà, si distingue per la pulizia formale e la precisione espressiva. Ogni elemento – dalla scelta dei materiali alla modulazione della voce – è parte di una partitura rigorosa che mira a restituire dignità e ascolto a una figura troppo spesso dimenticata.

I pupazzi non sono semplici strumenti scenici, ma diventano personaggi a tutto tondo, capaci di restituire emozioni, contraddizioni e verità. La giovane Ondina, le sue compagne di lotta, i carcerieri, i partigiani: ogni voce trova il suo spazio nel racconto, ogni storia contribuisce a comporre un affresco collettivo.

L’uso della luce e del suono, mai invasivo, accompagna lo spettatore con discrezione, suggerendo atmosfere e passaggi temporali. Nella seconda parte dello spettacolo, quando il racconto si fa più cupo e si apre la ferita della deportazione ad Auschwitz, il tono cambia, si fa essenziale, quasi spoglio.

Il grande pupazzo che rappresenta Ondina nel campo di concentramento viene animato con estrema delicatezza: un gesto che diventa atto politico, memoria incarnata, testimonianza viva.

Il Teatro Manzoni, con la sua acustica intima e raccolta, si rivela cornice ideale per uno spettacolo che vive di sussurri, respiri e silenzi. Il pubblico, catturato fin dall’inizio, resta in ascolto, partecipe, coinvolto in un rito collettivo che trascende la narrazione teatrale per toccare corde più profonde.

Il finale, asciutto e commovente, lascia un segno duraturo. Marta Cuscunà, sola in scena accanto al baule che ha contenuto oggetti, pupazzi e storie, si fa portavoce di una memoria che chiede di essere tramandata. È bello vivere liberi! non è solo un omaggio a Ondina Peteani, ma un invito urgente alla responsabilità, alla consapevolezza, alla resistenza.

Con questo spettacolo – primo capitolo della trilogia sulle resistenze femminili – Marta Cuscunà conferma la sua capacità di unire impegno e poesia, racconto e gesto, in un teatro che emoziona e interroga.

Primo posto:

Salvatore Lauricella 

Corvidae

Hensemberger – Monza

“L’umanità si alza – prima uno, poi un altro, poi quasi tutti e portano le tre dita di mezzo della mano sinistra al cielo. È un gesto antico, che si usa di rado, significa dire addio a chi vuoi bene”: è ciò che appare scritto sullo schermo che si erge dietro ai quattro corvi animatronici controllati dalla mano e dalla voce di Marta Cuscunà, nel suo spettacolo
“Corvidae – Sguardi di specie”.

Un pubblico incerto si alza e dialoga con dei corvi che sono ben lontani dalla concezione comune. Marta Cuscunà ama lavorare con i materiali per sviluppare nuovi oggetti per il suo teatro di figura, una costante della sua produzione artistica.

La scenografia è dominata da queste quattro figure che, nella loro forma quasi scheletrica, hanno sembianze di corvi. Marta Cuscunà è dietro, in penombra, ad animarli. L’abilità nello sviluppare quattro voci differenti e nel muovere quattro corvi è impressionante.

Lo spettacolo si articola in puntate che tratta ciascuna uno specifico problema che permea la società di oggi. Ogni puntata si apre con un titolo che chiarisce l'argomento e citazioni di grandi del passato come biologi, sociologi, politici… la chiudono, fornendo così uno spunto di riflessione in più per lo spettatore.

Sono i corvi, attraverso il loro sguardo, a restituirci i problemi del mondo di oggi, dominato dall’inquinamento, dal consumismo, dallo spreco e dalle guerre. Con pungente ironia si gioca sulle immagini che riescono a evocare, ad esempio, la lotta tra una ragazza di undici anni e un cane nero a sei zampe.

Lo spettacolo è chiaro e diretto, i corvi non mentono. È affascinante immaginare cosa possano pensare le altre specie viventi del pianeta dell’umanità. Con lucidità e ironia vengono analizzati i problemi dell’oggi e del domani. Non una lezione di scienze né un semplice prodotto di sensibilizzazione.

È teatro, strumento per chiunque abbia l’urgenza di comunicare, dove i temi civili e sociali si incontrano con la spettacolarità e le innovazioni tipiche della regista. E’ infatti evidente in Marta Cuscunà l'impegno civile e la necessità di mettere in luce alcuni aspetti problematici del presente, e il teatro diventa così il supporto migliore.

Quindi, se gli animali potessero comunicare ci metterebbero in guardia dei rischi a cui si sta andando incontro. Il momento sicuramente più sorprendente è il dialogo diretto tra il pubblico e il primo ministro degli altri esseri viventi. Che futuro ci si immagina? Si può ancora pensare al futuro? La conoscenza del problema è presente, ma manca la
consapevolezza delle conseguenze, che saranno reali e sono già adesso tangibili. Dunque, sono gli stessi corvi a metterci davanti alla necessità di scegliere: da che parte si vuole stare?

La premiazione allo Spazio Manzoni 16
image_pdfVersione stampabile