di Claudia Terragni
Ci è voluta solo un’ora per esaurire i biglietti disponibili per il concerto di Sting di stasera. L’ex cantante dei Police suonerà presso il Bataclan di Parigi. Il teatro francese riapre ufficialmente proprio il giorno prima dell’anniversario dell’attentato che lo scorso 13 Novembre causò la morte di 93 persone. “Nel riaprire il Bataclan abbiamo due missioni da compiere: la prima onorare le vittime di un anno fa, la seconda celebrare la vita e la musica” afferma Sting. L’incasso sarà interamente devoluto a due fondazioni impegnate nell’assistenza ai superstiti
Incredibile il successo che ha avuto l’evento. Una serata per ricordare la vita, non il massacro. La speranza, non la paura.
I plurimi attacchi terroristici dello scorso novembre avevano scatenato innumerevoli dichiarazioni da ogni parte del mondo, in un momento in cui ancora tutti “erano Charlie” e la ferita dell’attentato alla sede del giornale satirico era ancora fresca e pulsante.
Un anno fa, tra i social e i media, i commenti e i post di perfetti sconosciuti si mischiavano con quelli di personaggi di spicco. Anche Donald Trump non aveva perso l’occasione per dire la sua. Il 14 Novembre 2015 la CNN riportava un’intervista dell’attuale neopresidente degli Stati Uniti, in Texas. Nell’intervista Trump sottolineava come a Parigi nessuno avesse armi per potersi difendere.
I terroristi hanno ucciso i presenti uno per uno finchè finalmente la sicurezza non è irrotta nella sala e ha sparato agli assassini. “You can say what you want, but if they had guns, if our people had guns, if they were allowed to carry, it would’ve been a much, much different situation.” “Puoi dire quello che vuoi, ma se loro fossero stati armati, se i nostri fossero stati armati, se avessero avuto il permesso di portare armi, sarebbe stata una situazione molto, molto diversa”. http://edition.cnn.com/2015/11/14/politics/paris-terror-attacks-donald-trump-guns/.
La “situazione diversa”, se anche i parigini fossero stati armati, non è detto avrebbe comportato la loro vittoria. Ti ammazzo e vinco io. Troppo facile. Si può anche perdere in due.
De Andrè cantava della guerra di Piero e di come lui sia stato ucciso per la sua esitazione, perché si è fermato per un momento a pensare che
“e se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore”.
Ti ammazzo, ma perdiamo entrambi.
Vedere gli occhi di un uomo che muore è una sconfitta. E, fuor di metafora, è stata una sfida per tutti i superstiti della strage del Bataclan. Gauthier ad esempio, racconta di cosa abbia significato essere presente nel momento in cui gli attentatori hanno iniziato a sparare sul pubblico. Il ragazzo francese di 24 anni è riuscito a scappare, cavandosela con una ferita al gomito. Ma non per questo ha vinto. Un trauma da elaborare non è esattamente un premio auspicabile. http://www.internazionale.it/video/2015/11/16/bataclan-parigi-attentato-testimone
Rispondere alla violenza con l’odio non funziona. Si devono trovare strade alternative.
Fred Dewilde escogita una strategia del tutto particolare. Per il superstite, il modo più semplice per raccontare di qualcosa di irraccontabile è stato esprimersi attraverso la creazione di una graphic novel, “Mon Bataclan”. A volte le parole non bastano. A volte non aiutano. La resilienza di un corpo è la capacità di esso di piegarsi senza rompersi nonostante un forte urto esterno. Ugualmente negli esseri umani, la resilienza si sviluppa nel momento in cui situazioni traumatiche mettono a repentaglio la nostra solidità. Fred la riesce a ritrovare nel disegno, che egli descrive come terapeutico. Gli schizzi bianchi e neri narrano di quella nottata assurda, delle due ore passate a fingersi morto sul pavimento della sala del Bataclan, tendendo la mano di una sconosciuta, tra i cadaveri e un mare di sangue.
Disegno della “bolla di umanità” che i due sono riusciti a creare per proteggersi dall’orrore circostante. http://www.france24.com/en/20161028-france-bataclan-paris-attacks-november-13-survivor-recounts-night-graphic-novel
Le canzoni di Sting e il libro di Dewilde. Musica e disegno per rispondere alla guerra. Mettete i fiori nei vostri cannoni, musica, danze, colori! Non per tornare agli anni 60, non per utopia, non per banalità. Perchè funziona. Perchè l’arte unisce per davvero, parla all’anima della gente, esprime l’essenza dell’umanità, supera le diversità, valica quei muri che oggi sembrano sorgere sempre più spesso in ogni parte del globo. Questa sera in un luogo di morte, ricomincia a rockeggiare la vita.