Il caffè più buono che c’è

bevitrice di caffè

di Giacomo Laviosa

“Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…” Luciano De Crescenzo

Ordinando un caffè sospeso, il cliente paga due caffè ma ne riceve uno solo. In questo modo, quando una persona più in difficoltà entra nel bar può chiedere se c’è un caffè sospeso, e in caso affermativo riceve un caffè come se gli fosse stato offerto dal primo cliente. Una tradizione che sta riprendendo vigore grazie all’iniziativa di numerosi locali pubblici che hanno fatto rete.
Oggi questa pratica di solidarietà si è diffusa anche in altre realtà locali in Italia e non solo. A Parigi si sente sempre più parlare di café “en attente”. A Dublino l’idraulico John Sweeney ha creato la pagina facebook “suspended coffee” che raccoglie le storie di caffè sospesi che arrivano dal mondo. Perfino nella fredda Stoccolma si può trovare entrando in un bar la lavagnetta che ricorda la pratica dell’Uppskjuten.

La forza del gesto sta nel fatto che il donatore non sa a chi andrà la sua offerta, e colui che riceve il caffè sospeso non sa chi gliel’ha offerto. E’ semplicemente un gesto gratuito di condivisione: il donatore che si sente di buon umore può condividere un po’  della sua felicità, rendendo felice anche chi riceve il caffè offerto, il quale a sua volta si sente meno escluso, nonostante le proprie difficoltà economiche o sociali. Dal canto suo il bar che aderisce al progetto del caffè sospeso dimostra la propria sensibilità per le problematiche sociali.

Offrire un caffè è un piccolo ma prezioso segno di convivialità e accoglienza comune a tutte le culture. Lasciare pagato un caffè sospeso aggiunge il valore della gratuità fine a se stessa e universale.

Il caffè è un piacere, se non è solidale che piacere è?

 

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