di Luigi Picheca
I nostri figli ci hanno sempre chiesto un animale con cui giocare. Non è solo una richiesta campata in aria, loro cercano un amico col quale stabilire un rapporto di fiducia reciproca, una presenza su cui contare, sempre. Noi genitori siamo presi dai nostri problemi e il tempo da dedicare ai nostri figli viene spesso rimandato a un “domani” che non arriva mai o che non li soddisfa in pieno. Proprio come capitava a tanti di noi nei lontani anni ’60, anche se almeno in quegli anni era raro essere figli unici.
Quando lo chiedevo io un cucciolo con cui giocare mia mamma rispondeva con un secco no, non c’era spazio a trattative perché il cane era un impegno e noi eravamo già cinque figli da seguire e da accudire. Il ragionamento non faceva una grinza e non mi restava altro da dire. Eppure alla TV dei Ragazzi furoreggiavano i due cani più famosi del cinema americano, i due cani che fecero sognare tanti bambini come me di possederne uno. Erano Lassie e Rin Tin Tin, due cani che avrebbero reso felice qualsiasi bambino del tempo. Ecco che è arrivato il momento, toccava a me negare questa gioia ai miei figli, era un no meno convinto di quello di mia madre, un no condizionato dalla consapevolezza che sarebbe toccato certamente a me accudire il cane ma in fondo era la scusa per realizzare il mio sogno di bambino lasciando uno spiraglio di porta aperta.
Così è arrivata Lilly, un cucciolo di volpino incrociato, dal manto bianco e rossiccio, una tenera cagnolina. La nostra casa aveva le camere al piano superiore e la piccola Lilly, abituata ad avere vicino la madre ed il resto della cucciolata, non voleva stare giù da sola, i guai cominciavano a presentarsi in fretta!
Ma Lilly era così simpatica che rubava il cuore a tutti anche se io dovevo indossare i panni del burbero di casa, come per i figli.
I bambini erano felici e portavano fuori il cane per farlo vedere agli amici, anche a quelli che non erano riusciti ad avverare il loro sogno latente di averne uno. In quei momenti rivivevo quei sogni lontani, il sogno di avere un Rin Tin Tin tutto per me.
Lilly era davvero un cane affettuoso e intelligente, io facevo il burbero ma mi piaceva la sua compagnia e non era un peso portarla fuori la sera. Anzi, era un modo per averla tutta per me, senza farmi vedere coccolare un po il cane dai miei figli.
Spesso la portavo al parco per farla correre un po nei prati senza correre il rischio delle macchine. Le piaceva correre nell’erba era uno dei suoi giochi preferiti. Il suo affetto,specialmente verso i bambini, era evidente e ci coinvolgeva tutti, quando ebbe la sua prima cucciolata sembrava invitarci ad assisterla durante quei momenti di dolore, gioia e istinto. Sono momenti che non si scordano più, quella fiducia che traspare dagli occhi è sorprendente e toccante, un bel momento.
Se n’è andata una sera, i bambini erano diventati dei ragazzi ormai ma avevamo tutti gli occhi bagnati dalle lacrime. È come quando si perde un proprio caro dopo aver condiviso una porzione di vita e tanto altro ancora. Me la ricordo correre nell’erba e nel tirare fuori il suo musino da sotto al tavolo per ricevere la sua briciola di carne supplementare per partecipare al nostro pranzo. Me la ricordo salire le scale da cucciola, i gradini erano troppo alti e i suoi lamenti erano troppo languidi per lasciarla lì.
Mi ricordo quante volte arrivavo a casa, stanco e imbronciato, mi faceva passare tutto mettendo il suo tenero musino sulle mie gambe.
Insieme alla mia Lilly desidero ricordare i tanti cani che ci aiutano quotidianamente dispendiandoci affetto e cooperazione.
Cito i cani da compagnia, quelli della pet therapy che si rendono utili in tanti centri di riabilitazione. Ricordo i cani da lavoro come i cani pastore e quelli da slitta che aiutano l’uomo nelle sue fatiche anche in ambienti difficili.
Cito infine tutti i cani che, opportunamente addestrati, svolgono le attività di soccorso di vario genere e i cani impiegati nella polizia e nella ricerca della droga. Tanti impieghi con un denominatore comune: la fedeltà verso il genere umano e la grande fiducia che ripongono in noi.
Luigi Picheca