E’ con il “Don Giovanni” di Molière che venerdì 15, sabato 16 e domenica 17, si apre la stagione 24-25 del Teatro Manzoni di Monza.
Arturo Cirillo porta in scena l’iconica figura di Don Giovanni e racconta questo mito incrociando forme e codici diversi in uno spettacolo che conserva di Molière la trascinante capacità di lavorare su un comico paradossale e ossessivo, di Da Ponte la poesia e una leggerezza quasi “drammatica” e di Mozart il mutevole tessuto musicale che di questa vicenda racconta “sia la grazia che la tragedia ineluttabile”.
Prende vita sul palcoscenico un’opera di irresistibile bellezza e forza che restituisce la storia di una sfida al destino, di un irrefrenabile corsa verso la morte, di una danza disperata, ma vitalissima, sempre sull’orlo del precipizio.
Perché in fondo questa è anche la storia di chi non vuole, o non può, fare a meno di giocare, recitare, sedurre; senza fine, ogni volta da capo, fino a morirne.
La mia passione per il personaggio di Don Giovanni, e per il suo inseparabile alter ego Sganarello (come Hamm e Clov di “Finale di Partita”, o come Don Chisciotte e Sancho Panza) nasce all’inizio soprattutto dalla frequentazione dell’opera di Mozart/Da Ponte. Sicuramente i miei genitori mi portarono a vederla al San Carlo di Napoli, come sicurante vidi il film che ne trasse Joseph Losey nel 1979. Ma l’incontro veramente decisivo con questo personaggio, e con l’opera mozartiana, avvenne intorno ai miei vent’anni, epoca in cui frequentavo l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma.
Uno storico insegnante di Storia della Musica, Paolo Terni, ci fece lavorare proprio sul “Don Giovanni” e in una forma che potrei definire di “recitar-cantando”, in cui ci chiese di interpretare il bellissimo libretto di Lorenzo Da Ponte (bellissimo per poesia, musicalità e vivacità, ma anche perché – e non lo dico solo io – è una delle opere più alte, dal punto di vista linguistico, della letteratura italiana). Oltre al libretto dapontiano recitavamo rapportandoci con la musica di Mozart, con i suoi ritmi e le sue melodie. E in quella occasione questa irrefrenabile corsa verso la morte (l’opera si apre con l’assassinio del Commendatore e si conclude con lo sprofondare di Don Giovanni nei fuochi infernali), questa danza disperata, ma vitalissima, sempre sull’orlo del precipizio, questa sfida al destino (o come direbbe Amleto: “al presentimento”) mi è apparsa in tutta la sua bellezza e forza. Negli anni successivi (come chi conosce un po’ il mio teatro sa) tra i miei autori prediletti si è imposto decisamente Molière, quindi mi è parso naturale lavorare su una drammaturgia che riguardasse sia il testo di Molière, appunto, che il libretto di Da Ponte.
Arturo Cirillo
Per info, abbonamenti e biglietti: www.teatromanzonimonza.it