di Marco Riboldi
Forse già sapete che il Conclave che elesse papa Giovanni XXIII rimase a lungo indeciso tra il suo nome e quello del cardinale Agagianian; forse avete sentito parlare di un cantante di nome Aznavourian, ma lo conoscete come Charles Aznavour; forse avete letto qualche libro di Antonia Arslan (e se non l’avete fatto rimediate, perché ne vale la pena).
Bene, tutte queste persone (e molte altre) hanno in comune un elemento: sono di origine armena e questo periodo per loro è ( o sarebbe, per i non più vivi) momento di memoria.
Il 24 aprile infatti si ricorda il genocidio degli Armeni (chiamato Medz Yeghern, il Grande male) avvenuto negli anni 1915 e 1916.
E’ una storia terribile, non conosciuta e studiata come si dovrebbe, che prende le mosse dalla politica dell’Impero Ottomano (il grande impero che per secoli si estese, con diverse dimensioni tra il Medio Oriente, i Balcani e le aree tra la Turchia e la Cina).
Fondamentalmente controllata dai turchi, questa realtà politica si caratterizzò, soprattutto all’inizio del secolo scorso, per una forte ostilità nei confronti delle minoranze etniche interne, perseguitate in modo molto deciso, anche a causa delle differenza religiosa tra le popolazioni cristiane (Greci e Armeni) e islamiche.
Islamismo e nazionalismo si fusero in una pericolosa miscela che portò alle repressioni più feroci.
Il genocidio armeno, pur se preceduto da episodi di non scarsa gravità negli anni precedenti, viene convenzionalmente fatto partire dal 24 aprile 1915, quando iniziò l’ondata di arresti della élite armena (intellettuali e giornalisti, imprenditori e politici) che venne deportata in massa e sottoposta a massacro.
Era solo l’inizio: in seguito, praticamente l’intera popolazione armena venne catturata e avviata a “marce della morte” che portarono allo sterminio di circa 1,5 milioni di persone (su un totale che viene stimato attorno a 1,8 milioni). Per tacere delle violenze sistematiche, degli stupri, dei saccheggi cui furono sottoposte le comunità armene.
Tutto questo avveniva anche nel quadro della prima guerra mondiale, che vedeva i turchi schierati con Austria e Germania e gli Armeni sospettati di simpatie per la Russia. Furono proprio alcuni ufficiali tedeschi a collaborare, quando non a dirigere, l’ondata repressiva e le marce, tragica anticipazione di quel che sarebbe poi avvenuto in Europa con gli Ebrei.
Di questa immane tragedia rimangono molte testimonianze sia fotografiche che materiali (lettere e diari di sopravvissuti), nonché le memorie di testimoni oculari, sopravvissuti al massacro o estranei ad esso, anche non armeni.
Chi visita Erevan, capitale della Repubblica di Armenia, può recarsi al Monumento eretto al genocidio, che si trova su una bella collina in mezzo a un grande giardino con gli alberi piantati dai visitatori ufficiali.
Lì vi è anche il Museo del Genocidio, dove si possono vedere le molte testimonianza (soprattutto fotografie, ma non solo) che raccontano tutta la terribile storia.
Particolarmente toccante il film girato nel 1919 negli USA da Aurora Mardiganian, una giovane donna sopravvissuta alle violenze subite e riuscita a giungere negli Stati Uniti dove ha potuto raccontare, con quel film muto tratto da un suo libro, le vicende che è stata costretta a subire.
Tutti possono fin da ora trovare abbondante materiale sul sito www.genocide-museum.am, che è appunto il sito web del museo di Erevan.
Ancora oggi la Turchia rifiuta di riconoscere come genocidio quel che è avvenuto e questa negazione è stata il motivo forse principale che ha impedito un rapido cammino dello stato mediorientale verso l’Unione Europea.
Ancora, la presenza dei tedeschi e la loro collaborazione allo sterminio armeno ha avuto il tragico effetto di anticipazione che dicevamo. Si racconta che Hitler stesso, nel momento in cui incitava allo sterminio degli Ebrei dell’Est Europa, abbia detto ai suoi: “In fondo chi si ricorda degli Armeni?” per dire che loma storia avrebbe dimenticato la Shoah.
Non è stato così per gli Ebrei, non deve esserlo per gli Armeni, questo popolo gentile, disperso in una vastissima comunità internazionale, che ancora pochi mesi fa ha visto una parte del suo territorio strappato da un altro stato, non senza vittime e distruzioni, non senza un sottofondo di persecuzione anticristiana.
Di lunga storia è anche la presenza della comunità armena nel nostro paese, di cui si hanno notizie fin da tempi remoti e che si infittisce nel medioevo.
Le presenze più significative sono oggi a Milano, Padova, Venezia, Roma, Bari: in tutto si parla di qualche migliaio di persone.
Venezia è stata ed è il centro della presenza armena, perché sull’isoletta di San Lazzaro vive la comunità dei religiosi Mekhitaristi (dal nome del loro fondatore, Mekhitar), custodi e diffusori della cultura armena con la loro storica biblioteca. Per la cronaca, l’isola di San Lazzaro e gli edifici della comunità si possono visitare e ne vale la pena (occorre però prenotare: tutte le indicazioni si trovano facilmente on line).