Da venerdì 13 a domenica 15 al Teatro Manzoni di Monza andrà in scena Il giardino dei ciliegi, forse il capolavoro più famoso di Anton Čechov .
Il nuovo spettacolo di Leonardo Lidi – presentato in prima assoluta al Festival dei Due Mondi – segna l’ultima tappa della trilogia dedicata ad Anton Čechov che coincide con l’ultima enigmatica opera dello scrittore e drammaturgo russo.
Un testo più concettuale e filosofico rispetto ai precedenti, che continua a sballottarci da un personaggio all’altro, spostando la “ragione” su più punti e facendoci letteralmente girare la testa.
Uno spettacolo che “rassicura nel dubbio”, raccontando la complessità umana e i suoi paradossi, e ci ricorda che senza i dubbi non potremmo sopravvivere e che, soprattutto quando si parla di teatro, senza il dubbio la creatività perde appetito.
Termineremo il viaggio confusi, pieni di domande e con pochissime risposte.
Ecco, forse, cosa vuol dire drammaturgia. Ecco perché Čechov, sopravvissuto al tempo, dovrebbe essere il maestro di riferimento del teatro del domani: un simpatico individuo che prendendosi un po’ in giro immette generosamente una riflessione nell’altro.
Con Il giardino dei ciliegi, Lidi conduce lo spettatore in un giardino/teatro che ora vive solo nel ricordo dei suoi interpreti. Un giardino inutile – il nostro teatro pubblico – in cui gli attori sono abbandonati nel dover auto affermare il valore del proprio lavoro, dopo una vita spesa per il teatro.
[…] Per chi conosce il testo: se inizialmente ci sembra normale parteggiare per il monologo di Trofimov e il suo concetto di essere consapevolmente un eterno studente, colui che comprende che per avanzare nella vita non bisogna mai smettere di lavorare e di far lavorare la propria mente, non posso non saltare sulla sedia ogni volta che leggo che l’unico ad andare a teatro in questo copione è . Lopachin, che si sveglia alle cinque del mattino, figlio di contadini, Lopachin che ha fatto i soldi e che pensa a come farne sempre di più, ieri sera è stato a teatro a differenza di tutti gli intellettuali presenti in quella casa. Ecco, tutto qui. Ecco che, per l’ennesima volta, non possiamo accomodarci sulla lettura spiccia dei buoni e dei cattivi, ma che per raccontare la complessità umana divertendoci dobbiamo ricercare i paradossi della gente.
Lopachin e Trofimov, semplificando, sono una mano destra e una mano sinistra che si stringono solo nell’incapacità di dichiararsi alla donna amata nel loro infantilismo relazionale. Ed ecco che le donne Ljubov’, Dunja, Varja e Anja, che hanno creduto nell’amore, si ritrovano sistematicamente sconfitte e deluse dai loro uomini, troppo distratti dai pensieri del proprio ombelico. Ed ecco Charlotta, sola da sempre e per sempre, che simula un infanticidio per divertimento, sbarazzandosi così di un fantoccio bambino e della retorica del ruolo teatrale donna/mamma. Un calcio nelle palle al capocomicato con i suoi personaggi femminili così semplificati. Che grande Čechov! Che bello il Giardino dei Ciliegi! Che non si può incasellare, che non può essere fatto in nessun modo se non in quello più difficile, che necessita di un credo radicale nell’atto creativo. La richiesta alla nobiltà d’animo, alla generosità come più grande forma d’arte. […]
Leonardo Lidi
Info, abbonamenti e biglietti: www.teatromanzonimonza.it