di Marco Riboldi
Al Teatro Manzoni è andato in scena il testo forse più famoso di Cechov, l’ultimo che lo scrittore ha lasciato ai posteri. La proposta del regista, Leonardo Lidi, costituisce la terza tappa di una lettura dei capolavori dello scrittore russo, preceduta negli anni scorsi da “ Il Gabbiano” e “Zio Vanja”.
Il testo, accuratamente rispettato tranne piccole variazioni di poco conto e l’introduzione di un paio di canzoni di musica leggera, racconta una storia conosciutissima.
E’ la vicenda di una famiglia di proprietari terrieri ormai alla rovina dopo una vita di lussi e senza la minima attenzione ai denari gettati: la proprietaria torna dopo cinque anni passati in Francia e ritrova con grande emozione la sorella e il resto della famiglia rimasta in Russia.
Con essi ritrova anche la sua casa, quella dove era bambina, dove ancora serve il vecchio domestico che l’ha vista nascere, dove il paesaggio è dominato da uno splendido giardino dei ciliegi che assurge a simbolo.
Ma è proprio questo amatissimo giardino che, insieme al resto della proprietà, dovrà essere venduto per far fronte ai debiti accumulatisi.
Rifiutandosi di prendere atto di tale necessità (in concreto rifiutando una proposta di affari consistente nella lottizzazione del giardino per ricavarne villette per turisti), la proprietaria finisce per perdere la sua amata proprietà, comperata da un uomo d’affari del luogo, figlio di servi che si sono riscattati e sono diventati ricchi con il lavoro e gli affari.
Questa storia offre quindi subito una lettura per così dire sociologica: è il ritratto, molto presente nella letteratura russa del periodo, di una nobiltà terriera che non si rende conto che con la fine della servitù della gleba (quando cioè i contadini erano sostanzialmente schiavi dei proprietari: pare incredibile, ma tale servitù fu abolita solo nel 1861) il mondo è cambiato e continuare a vivere con il lusso precedente è impossibile.
Ma a questa prima lettura se ne aggiunge un’altra, più interiore: i personaggi sono incapaci anche di dare un senso alla propria esistenza e alle scelta essenziali, un po’ come l’inetto di Svevo.
C’è lo studente che non finisce mai di essere tale (con il duplice risvolto di incompiutezza e della comprensione della necessità di essere sempre in ricerca); ci sono gli innamorati che non hanno la forza di dichiararsi e di costruire una vera storia d’amore; ci sono le figure dei buoni a nulla che tirano a campare senza dare una precisa direzione alla loro vita, forse perché direzione non c’è.
C’è la figura del vecchio servitore che dopo una vita tutta dedicata alla famiglia si ritrova solo, perché tutti abbandonano la ormai ex proprietà, e riflette sconsolato, riassumendo in sé la vicenda più generale: “la vita è passata, è come se non avessi vissuto”.
La regia è intelligente e spiazzante: chi ha in mente la celebre messa in scena di Strehler si trova in un altro mondo, con invenzioni sceniche e registiche del tutto inaspettate.
La recitazione viene proposta con una accentuazione dei ritmi che conduce a chiedere agli attori uno sforzo non da poco anche perché molto viene affidato all’azione, al movimento, alla corsa, alla danza, alla discesa dal palco verso il pubblico.
Non a caso proprio questa accentuazione del movimento ha colpito i giovani della scuola di critica teatrale che al termine dello spettacolo hanno potuto interpellare gli attori, cordialmente offertisi a domande e riflessioni.
Meno facile da percepire mi è sembrata la riflessione che il regista propone quando ritiene questa opera anche una riflessione sul senso del teatro oggi. Francamente mi pare di poter dire che senza la lettura della presentazione del regista Lidi il messaggio risulta di difficile comprensione.
Il che nulla toglie alla forza dello spettacolo, alla intelligenza della non semplice regia, alla grande bravura degli interpreti, che offrono momenti davvero intensi.
Lo spettacolo è ancora in cartellone al Teatro Manzoni sabato 14 dicembre alle ore 21:00 e domenica 15 dicembre pomeriggio ore 16:00.
Info, abbonamenti e biglietti: www.teatromanzonimonza.it