di Daniela Zanuso
4 maggio 1949: è una data che i tifosi di calcio che hanno ben più di qualche lustro e che non sono necessariamente tifosi granata, ricordano con grande dolore e amarezza.
Sono le 16.45 quando all’aereoporto di Torino ricevono questo messaggio: “Siamo sopra Savona. Voliamo di sotto delle nubi, 2000 metri, fra 20 minuti saremo a Torino” . Questa è una delle ultime comunicazioni dall’aereo, un trimotore Fiat G212 su cui viaggiava tutta la squadra del Grande Torino, compresi gli allenatori, i dirigenti, tre giornalisti sportivi che li avevano seguiti nella trasferta, oltre naturalmente all’equipaggio di bordo.Rientravano da Lisbona dove avevano giocato una partita amichevole contro il Benfica.
Il tempo, nonostante fossero i primi di maggio, era pessimo in tutto il Nord d’Italia: nubi nerissime, raffiche di vento, pioggia, visibilità zero, tanto che il pilota pochi minuti dopo via radio aggiunse: ”Quota duemila, tagliamo su Superga”.
Sorvolare la collina di Superga, dove sorgeva la famosa basilica, era consueto in caso di maltempo, ma quel pomeriggio, con molta probabilità a causa di un guasto nell’altimetro, divenne un tragico errore. La quota segnalata non era quella dei duemila e pochi minuti dopo, alle 17.03, l’aereo si schianta contro il muraglione del terrapieno della basilica di Superga, sulla collina torinese.
Su quel volo c’era la più bella squadra di calcio di quegli anni, vincitrice di cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-1943 alla stagione 1948-1949 e che costituiva la maggior parte della Nazionale Italiana.
Trentuno le vittime, non si salvò nessuno.