Mani che costruiscono, creano, rifiniscono i particolari. Gesti sapienti e pazienti, che si ripetono giorno dopo giorno e che, giorno dopo giorno, fanno vivere una cultura della manualità che si serve di pochi attrezzi antichi. E che rischia di andare perduta.
E’ una Brianza operosa e silenziosa quella degli artigiani protagonisti delle fotografie di Giovanna Monguzzi e Stefania Sangalli, in mostra dal 26 gennaio al 3 febbraio presso la casa dei padri Betharramiti ad Albiate (via Italia 4).
Il cappellaio di Monza, il rutamatt di Brugherio, il fabbricatore di violini di Seregno. E poi il materassaio di Lissone, l’impagliatore di Meda, il costruttore di pipe di legno a Cantù. I mestieri di una volta, che oggi –forse – rischiano l’estinzione, salgono sulla ribalta con “Il Lavoro che R-esiste”, una mostra fotografica nata dalla rubrica di immagini e testi pubblicati sul giornale online Il Dialogo di Monza – La provocazione del bene.
Non scatti estemporanei, ma fotografie scaturite da incontri unici e speciali. Dal 2014 Giovanna e Stefania hanno girato la Brianza per scovare e documentare le botteghe in cui continua a vivere la sapienza di un lavoro artigianale che oggi sembra di altri tempi ma solo pochi decenni fa apparteneva alla quotidianità dei paesi brianzoli. “Sono fotografie istantanee di gesti e movimenti, abbiamo scelto di non mettere in posa le persone, ma di documentarne il lavoro quotidiano”, hanno spiegato le fotografe.
Lo spirito della mostra è quello che anima, da ormai cinque anni, l’attività de Il dialogo di Monza, un giornale online nato con il proposito di mettere il bene e le buone notizie in prima pagina. Lo ha spiegato – nel corso dell’inaugurazione della mostra lo scorso 26 gennaio – Enzo Biffi, tra i fondatori e animatori della pagina web, insieme al direttore Fabrizio Annaro: “Queste fotografie rappresentano un’arte che nasce dall’incontro e ha il potere di generare incontri. È questa infatti la missione del Dialogo di Monza, e il filo conduttore di tutte le iniziative che abbiamo realizzato in questi anni sul territorio, dai docufilm sul carcere di Monza e sui giovani al progetto artistico della Porta del Dialogo, fino a tutte le altre mostre fotografiche”.
Uno spirito che è piaciuto alla comunità guidata da padre Francesco, che ha sottolineato come i Betharramiti, da sempre, abbiano voluto essere ‘in dialogo’, per l’appunto, con il territorio brianzolo. Facendosi promotori di iniziative – “come questa” – in grado di arricchire un mondo che corre il pericolo di diventare sempre più povero, in cultura e in spiritualità.“
La Brianza è storicamente una fucina di saperi e di lavoro”, ha sottolineato Giovanni Barzaghi Presidente della Confartigianato, che ha promosso l’iniziativa insieme al comune di Albiate, al Consorzio Comunità Brianza e alla BCC Valle del Lambro. “Dialogo e cultura sono due valori da difendere oggi, per preservare i saperi artigianali. L’artigiano è il depositario di un sapere manuale da mantenere vivo, perché costituisce uno spazio di creatività. In un mondo in cui la produzione è sempre più tecnologica, il cuore del made in Italy sta proprio in questo, nel saper creare”. Perché l’industria, in fondo, si limita a ‘replicare’ su larga scala. “La porta del futuro si apre solo con la chiave del passato”, ha concluso Barzaghi.
Gli ha fatto eco Mario Riva, presidente Consorzio Comunità Brianza: “Nella cooperazione sociale sul territorio di Monza e Brianza abbiamo tanti esempi di lavoro artigiano. Spesso per persone svantaggiate il lavoro manuale è un’opportunità di inserimento o reinserimento nel contesto sociale, ma consente anche uno sviluppo di competenze importanti e di una relazione positiva con il territorio”.
“Siamo cresciuti, come banca, insieme alle imprese artigiane del territorio, fornendo loro contributi importanti in termini di innovazione tecnologica e internazionalizzazione”, ha rimarcato Silvano Camagni, presidente della Banca di Credito Cooperativo Triuggio e Valle del Lambro, sponsor dell’evento, che ha proposto alla stessa Confartigianato una nuova collaborazione estesa a tutte le realtà di Monza e Brianza.
L’inaugurazione de Il lavoro che R-esiste ha visto anche la presenza di Elisa Vimercati, dell’omonimo cappellificio di Monza, una delle realtà immortalate nelle fotografie in mostra. Fondato dal nonno di Elisa il cappellificio è rimasto l’unico in tutta la Lombardia, in una città – Monza – che nella prima parte del Novecento era specializzata nella produzione artigianale di cappelli. I metodi di produzione sono ancora quelli originari dell’Ottocento, alcuni macchinari hanno oltre 150 anni e sono 8mila i cappelli che ogni anno vengono esportati in Israele, il mercato di riferimento per la produzione dell’azienda.
Una storia che dimostra che sul mercato c’è spazio per i manufatti e le creazioni del lavoro che r-esiste. Un lavoro che richiede una fatica, un tempo e una dedizione forse un po’ anacronistici per la cultura attuale, in cui tutto è veloce, tecnologico, ‘digitale’. Un lavoro che però racchiude in sé un patrimonio di sapienza ‘manuale’ da difendere e, forse, da tornare ad imparare.