di Daniela Annaro – Foto e video di Giovanna Monguzzi
Sulla piazza prospiciente, il pittore dell’Ottocento lombardo Mosè Bianchi con in mano la tavolozza sembra sorvegliare la chiesa.
E, nel contempo, pare invitare i passanti a visitarne gli interni, soprattutto gli affreschi trecenteschi o perlomeno quello che ne rimane,frammenti recuperati in epoca recente quando si è provveduto a ritrovare le forme originarie dell’edificio sacro.
Al martire San Pietro de’ Domenicani, come scrive nel 1773 il canonico del Duomo Giuseppe Maurizio Campini ne ” Le Chiese di Monza, del suo Territorio e della sua Corte“, è dedicata la chiesa.
San Pietro Martire, al secolo Pietro Rosini, era un predicatore dell’Ordine dei Domenicani, nasce in un giorno non precisato del 1205 a Verona. La sua è una famiglia di eretici, i Catari, ma questo non gli impedisce di abbracciare la fede cattolica e di aderire all’Ordine dei frati Predicatori Dominicani e quando questo avviene Domenico di Guzman, il fondatore, è ancora vivo.
E San Domenico lo ritroviamo nei frammenti degli affreschi, all’interno dell’edificio, nella Cappella a fianco all’altare. Pitture murali attribuite da autorevoli studiosi a seguaci di Giusto de’ Menabuoi e Giovanni da Milano, due artisti del XIV secolo, entrambi eredi di Giotto. San Domenico con la palma in mano, simbolo del martirio, è a fianco di Sant’Ambrogio. Così almeno leggiamo nei pochi testi dedicati alle pitture murale della chiesa. Anche se, generalmente, nell’iconografia San Domenico appare con un giglio e/o un libro, mentre San Pietro Martire è rappresentato con un coltello e la palma, simbolo, appunto, di martirio.
Sono proprio le pitture murali il focus su cui concentrare l’attenzione: l’Annunciazione, San Cristoforo e San Giovanni Battista nella Cappella dell’Eucarestia,mentre nel sottarco busti degli Apostoli a destra, in fondo alla navata. E,ancora, dall’altra parte, nella navata sinistra, frammenti della Crocifissione. La cappella di San Pietro Martire racconta alcuni miracoli del Santo: la Guarigione di una donna e quella di un paralitico.
Frammenti di affreschi, belli e importanti, rinvenuti durante il restauro dell’intera chiesa negli anni Settanta del Novecento. San Pietro Martire, nel corso dei secoli soprattutto tra il XVII e il XVIII, ha “subito” numerosi interventi legati al gusto di quell’epoca. Sono proprio quei dipinti murali a dichiarare la “vetustà” dell’edificio, che aveva annesso il convento dei Domenicani, soppresso da Giuseppe II d’Austria sul finire del Settecento. Del convento rimane traccia nel bel chiostro con un doppio loggiato.
I Domenicani risultano presenti in Monza già dal 1288, secondo lo storico del Trecento Galvano Fiamma. Ma della chiesa ora dedicata a San Pietro Martire, (prima a San Giorgio), e dell’annesso convento si inizia ad aver notizia dal 1368. Doveva già esistere un edificio,però, prima di quella data, edificio nel quale la Confraternita di San Domenico era ospitata e dove aveva sede il Tribunale dell’Inquisizione. Anche San Pietro era un inquisitore, nominato da papa Innocenzo IV nel 1251. L’anno successivo viene barbaramente ucciso con una roncola a Barlassina. Il suo assassino, Carino Pietro da Balsamo, si pentì del gesto e si convertì al cattolicesimo. L’ultimo miracolo di San Pietro Martire.
La chiesa di San Pietro conserva i resti di un altro martire: San Prospero, soldato romano ucciso nel 304 d.C. dalle truppe dell’imperatore Diocleziano.