Il nuovo sindaco di Monza

di Luigi Losa

Eletto dalla metà della metà dei cittadini.

E la maggioranza dei monzesi è politicamente “invisibile”.

Niente da fare, a Monza il sindaco fa solo un giro di giostra, al secondo ruzzola dal cavallo. Così vogliono ed evidentemente gradiscono i monzesi cui piace sostanzialmente cambiare il loro primo cittadino.

E a quanto pare dev’essere proprio una sorta di maledizione non solo degli ultimi vent’anni (contrariamente a quanto successo quasi ovunque è solo nel 1997 infatti che a Monza viene eletto per la prima volta in modo diretto il sindaco, nella fattispecie Roberto Colombo, centrodestra).

Scorrendo infatti l’elenco dei sindaci della Repubblica ovvero dal 1945 ad oggi non ce n’è uno che uno che sia riuscito a governare per due mandati, men che meno consecutivi. Anzi, parecchi non sono arrivati nemmeno al termine del loro quadriennio o quinquennio.

E, per carità di patria, non sono andato indietro nei decenni e nei secoli. Basta e avanza perché il neosindaco Dario Allevi faccia subito gli adeguati scongiuri se vuole governare per un decennio. Un tempo non solo stabilito dalla legge ma di fatto spesso e volentieri utile e necessario a dare un’impronta ad una città.

Inutile qui strologare sul perché e il percome Allevi ha vinto e Scanagatti ha perso, di fatto contro ogni pronostico, almeno sino al risultato del primo turno dell’11 giugno quando l’esiguo vantaggio di 35 voti del primo cittadino uscente ha fatto chiaramente intendere che la battaglia del 25 giugno, all’indomani della festa di San Giovanni patrono della città (secondo l’antico adagio ‘passata la festa gabbato lo santo’), sarebbe stata combattuta sino all’ultimo voto.

Come in effetti è stato, o quasi, visto che i voti di Pierfranco Maffè riversati su Allevi hanno sicuramente pesato di più di quelli di Michele Quitadamo e dei dissidenti dello stesso Maffè.

Lo scarto finale di 1134 voti ancorché, esiguo su oltre 42mila e passa voti validi, è in ogni caso netto.

Di sicuro Monza prenderà un’altra strada ‘politica’ prima ancora che amministrativa e lo vedremo presto. Salvo che il centrodestra non incominci al solito ad avvitarsi nel consueto manuale. Cencelli della spartizione delle poltrone, poltroncine e strapuntini vari. La maggioranza peraltro è, come si suol dire, composita e variegata giacché i suoi 20 seggi sono sparsi tra i 7 della Lega e i 6 di Forza Italia, i 3 della lista di Allevi e i due a testa di Fratelli d’Italia e della lista di Maffè grazie all’apparentamento che ha sicuramente danneggiato l’altra civica di Anna Mancuso (che non so quanto la possa aver presa bene visto che il suo ex compagno politico Marco Monguzzi passato armi e bagagli con Maffè ha strappato quel posto in consiglio che sarebbe probabilmente toccato a qualcuno dei suoi).

Sull’altro versante non so se e quanto e come Roberto Scanagatti & Co. abbiamo la voglia e la forza di piangere sul latte versato, sulle occasioni mancate e perdute, sulla grigio-noia che alla fine ha forse pesato sui loro cinque anni di governo.

Ripeto inutile strologare, anche perché è chiaro come il sole e non certo da oggi che Monza è una città che sarà anche ‘geneticamente modificata’, ma che relativamente a quella parte che è ancora antropologicamente aggrappata ai campanili e alla storia, nonché alla nobiltà e alla borghesia, etc. etc., è sicuramente e politicamente di ‘centrodestra’ con consistenti quote leghiste e di destra tout court. E che è soltanto quando il centrodestra ha fatto deliberatamente harakiri (2002 e 2012) presentandosi diviso alle urne, ha gentilmente omaggiato il centrosinistra e i suoi sindaci Faglia e Scanagatti della fascia tricolore.

Gli è invece che non so se da Allevi a Scanagatti e compagnie cantanti dell’una e dell’altra parte ci sia la voglia e la forza (per non dire della capacità…) di guardare ad altri numeri non meno significativi di quelli che hanno sancito il verdetto di domenica/lunedì notte. Ovvero il 45,35%, il 51,89% ed ancor più il 75,07% che sono le percentuali dei votanti di domenica 25, domenica 11 e domenica 4 dicembre del 2016 (referendum costituzionale). Non dunque un quinquennio o un triennio o un decennio, o un secolo fa, ma solo sei mesi addietro.

Percentuali che tradotte in numeri dicono che a dicembre, in condizioni meteo opposte a quelle di domenica scorsa e di fatto simili, andarono a votare 68.193 monzesi, l’11 giugno scorso 49.636 (quasi venticinquemila in meno, più di un quarto degli aventi diritto) e domenica scorsa 43.349 (altri seimila e passa che non sono tornati alle urne).

Il che vuol dire che più di metà dei monzesi se n’è bellamente fregato delle elezioni che pure dovevano stabilire chi li governerà per i prossimi cinque anni.

Orbene, al di là del fatto che il sindaco Allevi (e poteva essere la stessa cosa per Scanagatti) è stato eletto suppergiù dalla metà della metà di chi è andato alle urne, vuol dire qualcosa: che metà della città si è fatta i fatti propri? E chi è questa metà della città? Come è composta? Cosa fa? Come e dove vive (e gli stranieri non c’entrano non essendo elettori)? Cosa pensa?

Chissenefrega si può rispondere, ma non starei tanto tranquillo nei panni di Dario Allevi (e idem dicasi se fosse toccato a Scanagatti). Perché di quella metà di Monza che è poi la maggioranza dei monzesi il Comune e il sindaco se ne deve e dovrà giocoforza occupare. Che bussi alla sua porta o al portone del Palazzo. O, secondo me, peggio ancora se non dovesse mai bussare, perché, visto che si parla tanto di sicurezza, dei cittadini è sicuramente meglio e bene sapere almeno che faccia hanno. Non si tratta infatti solo di una maggioranza ‘silenziosa’ ma proprio ‘invisibile’, solo che c’è.

 

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One thought on “Il nuovo sindaco di Monza

  1. Ora Allevi mantenga le promesse:
    1. Un’alleanza tra Amministrazioni e Società Civile-Famiglie, che si concretizza nell’adesione alla Rete dei Comuni amici della Famiglia, impegnati:
    • nell’adozione del FATTORE FAMIGLIA e nella costruzione del Bene Comune; • nella promozione di un circuito di economia civile affinché sia possibile abbandonare un modello di economia che uccide e produce scarti umani. Il principio del dono e della reciprocità si affiancano alle regole del mercato e lo rendono più umano, ponendo al centro la persona e non solo la spasmodica ed egoistica ricerca del profitto; • nel contrasto ad ogni forma di economia incivile: le mafie, la corruzione, la diffusione del gioco d’azzardo e delle slot-machine, il criminale commercio delle armi radice dei conflitti che generano il drammatico esodo di popoli; • nel sostegno dell’alleanza educativa scuola e famiglia.
    Buon lavoro al neo Sindaco firmatario di questi impegni.

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