Il pallone volante che incantò Versailles

mongolfiera 1di Francesca Radaelli

Il 19 settembre del 1783 una folla considerevole è radunata nel cortile esterno della reggia di Versailles. C’è il re, Luigi XVI, c’è la regina, Maria Antonietta, ci sono i nobili della corte. E poi c’è una gran moltitudine di persone, di ogni classe sociale. Di lì a qualche anno una folla forse non troppo differente avrebbe messo a ferro e fuoco Parigi, dando inizio alla Rivoluzione francese. Ma quel giorno non è la rabbia che spinge donne e uomini a riunirsi insieme. Bensì la curiosità. Perché quello che sta per andare in scena sotto i loro occhi, anzi sopra le loro teste, è uno spettacolo mai visto.

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Il volo del 4 giugno 1983 ad Annonay

Corre voce che pochi mesi prima ad Annonay due fratelli, Joseph ed Etienne Montgolfier, abbiano fatto volare nel cielo un pallone gigantesco, sfruttando la spinta dell’’aria calda, come se quel pallone gigantesco altro non fosse che fumo leggero. Ora, davanti agli occhi del re di Francia in persona, Etienne Montgolfier ripeterà l’esperimento. E questa volta, ha annunciato, sul pallone saliranno dei passeggeri.

Il ‘pallone’ è un aerostato, ha forma sferica, è realizzato con tela di sacco e tre strati interni di carta sottile, le sue parti sono tenute assieme da 1.800 bottoni e il tutto è rivestito da una rete di corde. Il pallone misura 18,47 metri in altezza e 13,28 metri di larghezza, per un peso di 400 kg. Ha persino un nome, si chiama Le Reveillon, da Jean-Baptiste Reveillon, direttore della fabbrica reale di carta da parati. È lui che ne ha realizzato la decorazione in cui le iniziali del re (due L intrecciate) in oro si stagliano su uno sfondo blu e azzurro.

Il volo del 19 settembre a Versailles
Il volo del 19 settembre a Versailles

Una pecora, un’oca ed un gallo: sono questi i tre passeggeri che vengono posti nel cesto appeso al pallone. Quindi, il volo ha inizio. Il pallone si alza spinto dall’aria calda del fuoco che viene acceso alla sua base. È stato Joseph, il fratello di Etienne, ad avere l’intuizione. Si dice che un giorno osservasse i panni che asciugavano sopra al fuoco e si fosse reso conto che alcune parti si sollevavano ripetutamente verso l’alto. Da lì la pazza idea di utilizzare il fuoco per innalzarsi sino al cielo.

E verso il cielo, quel 19 settembre, il pallone si solleva eccome. Gli occhi del re, della regina, dei nobili e del ‘Terzo stato’ guardano tutti in un’unica direzione, le bocche aperte e i nasi all’insù.

Dopo 8 minuti di volo e dopo aver raggiunto l’altezza di 500 metri, l’aerostato ritorna a terrà. La spinta si è esaurita sin troppo presto. Il pallone si è inclinato su di un lato e molta dell’aria calda che lo spingeva in su è uscita. Ma anche dopo un atterraggio un po’ rocambolesco i passeggeri sono in buone condizioni e, tra i primi a giungere sul posto in cui l’aerostato ha toccato terra, è un certo Pilâtre de Rozier.

Proprio lui qualche mese più tardi, il 21 novembre, sarà protagonista del primo volo libero umano sui tetti di Parigi. A bordo della Mongolfiera, naturalmente. Quel pallone prodigioso che ha saputo incantare un’intera città. E che non avrebbe potuto chiamarsi in altro modo.

Francesca Radaelli

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