di Francesco Troiano
Non so per quanti Natali, mi sono posto la domanda (ovviamente senza risposta) se, l’invenzione del presepe di San Francesco di ottocento anni fa, fosse la trasmutazione teatrale di una scena realmente accaduta che lui, tramite la fiammella inestinguibile dello Spirito, riprodusse pari pari nella realtà.
Forse come un suggerimento arrivato fin lì a cavallo dei secoli, un copione speciale regalatogli dallo “Sceneggiatore degli sceneggiatori”.
Ve lo ricordate quel film pazzesco in cui rimpicciolivano pilota e astronave per inserirli all’interno di un corpo umano e riprendere il loro viaggio attraverso le arterie e gli organi interni?
Non so per quanti Natali ho desiderato che qualcuno mi rimpicciolisse per far parte di un presepe. Mettermi a fianco a Benino, il pastore napoletano dormiente, distendermi vicino a lui e far finta di dormire per osservare, con un occhio, tutto quello che succede. Non parlatemi di presepi viventi, quelli non m’interessano.
Il presepe come “Dio comanda” era quello di me dodicenne in piazza Duomo a Milano.
E voilà, il presepe movibile: meraviglia delle meraviglie! E chi se lo scorda il fabbro ferraio che picchiava sull’incudine? Il falegname che tagliava con una sega vera il pezzo di legno? Il ruscello con il rumore amplificato dell’acqua! La fila non andava mai avanti perché bambini, ragazzi e adulti si bloccavano a gustarsi quel viaggio della semplicità.
Non ho bisogno d’invitare gente. Devo solo telefonare allo “Sceneggiatore degli sceneggiatori” , e farmi spiegare che cosa devo fare per sdraiarmi affianco a Benino e risvegliarmi il sette di gennaio.