di Chiara De Carli
Ieri sul palco degli I-Days Festival, i protagonisti della serata, insieme ai Rancid, sono stati i Green Day.
Pochi istanti prima, del loro ingresso sul palco, è stata riprodotta “Bohemian Rhapsody” dei Queen, che ha rappresentato un ottimo preludio per “Know your enemy”.
Tra il pubblico ci sono persone che arrivano da tutte le parti d’Italia, come Angela che arriva da San Marco, un piccolo paese in provincia di Foggia o Alexander, arrivato fin qui dalla Germania. Ci sono tante storie tra il pubblico, come Luca che accompagna suo fratello Edoardo, affetto da sindrome di down, a sentire i suoi idoli, di cui conosce ogni singola canzone. C’è poi un padre, con i due figli. Si assiste proprio a una delle magie dei concerti, l’unione che si crea tra più generazioni. Si respira un clima da festival e sul palco ci sono loro, i beniamini della nostra adolescenza, i Green Day.
Fa capolino un Billie Joe Amstrong con il viso ingrassato, i consueti occhi truccati di nero, Mike Dirnt il bassista, visibilmente più invecchiato, Tré Cool, il celebre batterista con la cresta colorata di azzurro e gli irrinunciabili calzini bianchi, con le righe nere. Da subito, Billie Joe coinvolge il pubblico, mostra una certa fierezza e non perde un attimo per far salire sul palco qualcuno a cantare: la prima, è una ragazza con i capelli tinti di rosso, la pelle candida e delicata, con addosso una maglietta bianca. Ha scalato il gradone del palcoscenico, per duettare con Billie. Una scena magnifica, che si è conclusa dando la possibilità alla giovane, di lanciarsi in mezzo alla folla, come una vera rock star.
La scaletta prosegue poi come preannunciato, “Bang Bang” fa precipitare il pubblico in un pogo sfrenato e Billie ne è visibilmente contento, poi continuano con “Holiday”, “Letterbomb”. Tra un pezzo e l’altro la sua indole dissidente si fa sentire, contesta Trump e la corruzione che dilaga persino nel nostro paese: “No more corruption, I love you, I love this country! Let’s dance together! Viva Italia”! Intonano “Boulevard of Broken Dreams” il pubblico la canta a squarciagola, segue “Longview“, poi sale sul palco un altro ragazzo che dà il meglio di sé. Si prende il suo attimo di gloria, seppur essendo un po’ stonato. È li, canta, si diverte, si spoglia della maglietta con scritto Tré Cool sul retro, ha una presenza sul palco pazzesca, si sente davvero una rock star e l’adrenalina gli dà talmente alla testa che, alla fine, lo fa, bacia Billie Joe. E poi scappa. Ma Billie, lo richiama: “Hey, hey, hey, come here”, tutti si aspettavano un secondo bacio e invece gli propone di lanciarsi dal palco.
Tuttavia, Billie sorprende ancora. Questa volta, cerca qualcuno che sappia suonare la chitarra. Inizialmente, sembra che nessuno tra il pubblico faccia parte di un gruppo musicale, ma come è possibile che tra i ragazzi davanti non ci sia nessuno in grado di farlo? Fino a quando, timidamente, alza la mano Sebastian. Avrà si e no 10 anni, sale sul palco, prende tra le mani una chitarra e segue alla lettera gli accordi che Billie gli indica. Ha gli occhi grandi, increduli, è lì davanti a 30 000 persone che cantano e che si divertono e che un po’ lo invidiano anche. Ma non finisce qui, perché il gran cuore di Billie gli regala la chitarra.
Inoltre, da raccontare, ci sono i salti sulle note di “Basket Case”, i canti su quelle di “She”, un pubblico che si infiamma al rientro sul palco per un ultimo assaggio, con una sprizzante “American Idiot” che lascia impresso nei ricordi uno spettacolo ininterrotto di due ore, in cui Billie e gli altri non si sono assentati nemmeno per cambiarsi la camicia o asciugarsi i capelli grondanti di sudore. Mi sono innamorata dei Green Day, della loro genuinità e della loro capacità di rompere quella lontananza che si crea sempre più spesso tra artisti e pubblico, di questi artisti che ancora credono nelle vecchie e sane idee del rock and roll.