di Enzo Biffi
Che quel ragazzo avesse un talento speciale si capì subito. Mani veloci disegnavano forme, corpi, espressioni e tutti i mondi stravaganti che la sua mente produceva. Il segreto dei grandi visionari sta tutto li. La capacità tutta innata, di “vedere” dove gli altri non vedono, di inventare l’inventabile. Poco importa quale che sia lo strumento per raccontare tutto questo. Musica, cinema, disegno, architettura o qualunque altra disciplina della creatività può essere funzionale a dar forma a tanta visionarietà.
Jacovitti, ragazzo del ’23, già da adolescente cominciò mostrare al mondo di essere portatore sano di questa singolare patologia grazie ad un primo giornale satirico, sul quale apparve il primo embrione di personaggi, facce, dialoghi ed espressioni che da lì in avanti avrebbe condizionato la fumettistica italiana. Vennero quindi collaborazioni con autori e giornali importanti ma anche caroselli televisivi e pubblicità, sempre contraddistinte dalle stesse leggerezza e dignità stilistica.
E così col famoso Cocco Bill, Gamba di quaglia, Giorgio Giorgio detto Giorgio, Occhio di pollo, Giacinto Corsaro Dipinto e altri cento per qualche decennio ci fecero compagnia tra le pagine di svariate riviste.
Salami volanti, lumache ridenti, serpenti e oggetti animati invasero l’immaginario di quasi tutti gli scolari degli anni settanta (me compreso) attraverso il mitico Diario Vitt regalando loro, inconsapevolmente, il primo approccio ad un mondo onirico e surreale.
Eroi strampalati, mondi grotteschi popolati di cose parlanti, diventavano un vento fresco contro l’aria stantia di certe aule scolastiche. Un’esplosione di fantasie che mischiava possibile e impossibile per poter poi ricostruire una realtà ogni volta diversa e immaginaria.
Inesauribile inventore di mondi possibili, questo era Jac.
Si firmava con una lisca di pesce Jacovitti, vezzo di un suo primo soprannome dato per una magrezza ovviamente persa per la via, diventata giustamente icona.