di Francesca Radaelli
Il 2 febbraio 1882 nasce a Dublino James Joyce. Il padre del futuro scrittore è un irlandese ubriacone e autonomista convinto, la madre una donna profondamente cattolica. E proprio la capitale della verde Irlanda è protagonista indiscussa dell’opera che per prima conferisce notorietà allo scrittore, ancora oggi una delle sue più celebri. Si tratta di Gente di Dublino, una raccolta di quindici racconti pubblicata nel 1914 e incentrata sulle vicende dei concittadini di Joyce, quei dublinesi paralizzati e incapaci di fuggire dalle atmosfere cupe, piovose e claustrofobiche dell’Irlanda.
Una fuga che invece il giovane e anticonformista Joyce riesce a realizzare, girando con la compagna Nora per le capitali europee e approdando fra l’altro anche a Trieste, dove stringe una forte amicizia con il nostro Italo Svevo. Il giovane Joyce vive in una sorta di esilio forzato dal suo paese d’origine, quell’Irlanda cattolica e opprimente in cui pure continua ad ambientare le sue opere più riuscite.
Tra queste spicca senz’altro l’Ulisse, il suo capolavoro assoluto, un romanzo costruito con una tecnica e un linguaggio particolarissimi, divenuto sinonimo di modernismo e flusso di coscienza. L’Ulisse inizia ad uscire, a puntate, nel 1918 sulla Little Revue di New York, che ben presto deve però interromperne la pubblicazione. La rivista viene addirittura sequestrata perché l’opera è giudicata immorale e pornografica. Il testo completo del controverso romanzo uscirà solo nel 1922 a Parigi, città in cui Joyce si è trasferito, pubblicato dall’editore Sylvia Beach.
Il romanzo occupa lo spazio temporale di una giornata, il 16 giugno 1904, seguendo le vicende di Leopold Bloom, un pubblicitario ebreo che vive a Dublino. Ma soprattutto contiene il racconto di quanto avviene all’interno della coscienza di Leopold, in cui si intrecciano presente e passato in un flusso libero e ininterrotto di pensieri. Leopold è un Ulisse contemporaneo, un uomo mediocre che cerca inconsciamente il figlio che non ha nel giovane intellettuale Stephan Dedalus (altro nome assai evocativo), che ha in Molly la sua Penelope fedifraga. E ognuno dei 18 capitoli del libro trova un corrispondente mitico in un episodio dell’Odissea.
Ora l’Ulisse viene studiato a scuola, è considerato una pietra miliare della letteratura del Novecento e il 16 giugno è festeggiato ogni anno come ‘Bloomsday’. Ma all’epoca in cui uscì le teorie di Freud non avevano ancora preso piede e il romanzo non fu capito, fu considerato osceno e non pubblicabile. Joyce muore nel 1941. Bisognerà aspettare il 1966 per vedere Ulisse approdare finalmente nella sua Irlanda.
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