di Francesca Radaelli
Il 20 dicembre 1968 moriva a New York John Steinbeck, narratore americano tra gli esponenti di spicco della cosiddetta ‘generazione perduta’, narratore delle miserie dei braccianti agricoli al tempo della Grande Depressione e Premio Nobel per la letteratura nel 1962.
Nato a Salinas, in California, il 27 febbraio 1902, John Ernst Steinbeck, dopo aver abbandonato gli studi di lettere all’università, visse per qualche tempo di pesca sulle rive della Monterrey Bay, lavorò in una pescheria e anche come sterratore, a Madison Square Garden. Esercitò insomma i mestieri più umili, condividendo la vita quotidiana della gente più povera, e soprattutto vivendo in contatto con ambienti e personaggi che ritorneranno nei suoi romanzi. Dopo aver tentato la fortuna come giornalista a New York, con scarso successo a dir la verità, si stabilì a Pacific Grove in California. Dal 1926 al 1928 fece il custode di una residenza estiva sul lago Tahoe: un lavoro che gli offriva molto tempo da dedicare alla scrittura. Nell’agosto del 1929 pubblicò il suo primo romanzo, Cup of Gold, tradotto in Italia con il titolo La santa Rossa.
Il primo grande successo fu però Pian della Tortilla, (Tortilla Flat), pubblicato nel 1935, che racconta la vita di un gruppo di paisanos di Monterrey. Steinbeck li dipinge come cavalieri di una strampalata Tavola Rotonda, leali compagni che vivono in un mondo governato da regole surreali, dove i denari guadagnati si spendono bevendo vino e la prigione è una sorta di pensione dove riposarsi e godersi pasti regolari. Tutt’altra atmosfera si ritrova nel celebre Uomini e topi (Of Mice and Men), uscito nel 1937, un dramma ambientato nel mondo dei braccianti raccoglitori di orzo, i cui protagonisti vedranno svanire per una tragica fatalità il sogno di uscire da una vita fatta di miserie.
Il tema sociale ritorna anche nella grande epopea Furore (The Grapes of Wrath), capolavoro dello scrittore e vincitore del premio Pulitzer, che, nello scenario della Grande Depressione, racconta l’odissea di una famiglia di contadini, costretta dalla miseria a lasciare l’Oklahoma in direzione della California, alla ricerca di un lavoro e di un posto dove vivere. Il libro fu pubblicato nel 1939, quando l’America era ormai uscita dall’incubo della crisi del ‘29, ma suscitò ugualmente molte polemiche: fu stigmatizzato il linguaggio violento impiegato nel romanzo e Steinbeck fu accusato di essere comunista, sebbene fossero note le sue simpatie per Roosevelt, il presidente che stava risollevando le sorti degli Stati Uniti. La prima traduzione italiana del romanzo, che uscì in epoca fascista, fu pesantemente censurata e intere parti del libro furono rimosse per volontà del Ministero della Cultura Popolare.
Poi scoppiò la seconda guerra mondiale, Steinbeck giunse in Europa come corrispondente di guerra inviato speciale del New York Herald Tribune e da quell’esperienza nacquero altri scritti, tra cui La luna è tramontata (The Moon is Down), romanzo breve che racconta la resistenza norvegese al tempo dell’occupazione nazista. Sempre per l’Herald Tribune lo scrittore sarà successivamente in Russia, insieme al fotografo Robert Capa, pubblicando nel 1948 A Russian Journal. Della ‘sua’ California l’autore torna a parlare in uno degli ultimi capolavori, La valle dell’Eden (East of Eden) del 1952, in cui si racconta la saga di due famiglie americane dal 1860 alla prima guerra mondiale, e da cui sarà tratto il film cult di Elia Kazan, con James Dean.
Francesca Radaelli