Jury Chechi, il Signore degli Anelli

jury-chechi-anellidi Francesca Radaelli

Deve suo nome al primo astronauta lanciato in orbita nello spazio. Ma sulla Terra, per tutti gli italiani, lui è il “Signore degli anelli’. L’11 ottobre 1969 nasce a Prato Jury Chechi. I suoi genitori lo chiamano così in onore di Jury Gagarin, il cosmonauta russo morto un anno prima che era stato il primo uomo a vedere la Terra dallo spazio. Si avvicina alla ginnastica artistica da bambino, grazie alla sorella, che frequenta la palestra della città. Lui è piccolo di statura, gracilino, ma dentro a quella palestra inizia a spiccare il volo che lo porterà sul tetto olimpico del mondo. Dopo aver vinto il campionato regionale toscano, entra nella nazionale juniores di ginnastica e deve trasferirsi a Varese, in collegio, per poter allenarsi nella palestra della Società Ginnastica Varesina. All’epoca ha 14 anni e in Italia ci sono solo due palestre attrezzate per praticare la ginnastica ad alto livello. Si specializza nella disciplina degli anelli, allenato da Bruno Franceschetti. Sotto la sua guida vince 6 titoli italiani consecutivi, i Giochi del Mediterraneo, le Universiadi, 4 titoli europei e 5 titoli mondiali. La sua posizione preferita agli anelli è la croce. Una delle posizioni più antiche, tanto faticosa da dipingere smorfie di sofferenza sui volti di molti ginnasti, quando la eseguono. A Jury invece viene quasi naturale, la fatica c’è ma sul suo volto non si vede. E l’immagine di lui sospeso in aria a braccia aperte, impassibile, lo rende per tutti il Signore degli Anelli.

Nel 1992, alla vigilia delle Olimpiadi di Barcellona, è lui il grande favorito. Durante gli allenamenti però si frattura il tendine di Achille: manca solo un mese all’apertura dei Giochi, deve rinunciare alle gare. L’anno successivo però è pronto a volare di nuovo. Torna alle gare e mette a segno una serie impressionante di vittorie, aggiudicandosi il titolo mondiale per cinque volte consecutive. È il primo ginnasta della storia a vincere cinque ori iridati uno di seguito all’altro in una specialità. Era dai tempi di Franco Menichelli che un italiano non vinceva così tanto.

Sul tetto olimpico del mondo sale ai Giochi di Atlanta del 1996, conquistando finalmente l’oro alla manifestazione cui era stato costretto a rinunciare quattro anni prima.

Nel 1997 dopo un altro infortunio, annuncia il ritiro. Ma non riesce a stare lontano dagli anelli e due anni dopo decide di tornare alle gare. L’ultimo grande e inaspettato successo è ad Atene 2004. Jury, reduce da numerosi infortuni, decide di partecipare ai Giochi per seguire una promessa fatta al padre malato, è scelto come portabandiera degli Azzurri, arriva sino in finale. È passato del tempo e ora è tutto più difficile, Jury non è più il re impassibile di otto anni prima, ma compie ugualmente l’impresa, conquistando una medaglia di bronzo forse ancora più bella e intensa dell’oro del 1996. Resa forse ancora più bella e intensa dalla coraggiosa dichiarazione rilasciata alla fine della gara, vinta da Dimosthenis Tampakos, ginnasta greco che gioca in casa: non il greco, afferma Jury davanti al pubblico e alle telecamere, ma il secondo classificato, il bulgaro Jordan Jovtchev, è il vero vincitore morale, lui avrebbe meritato il gradino più alto del podio.

 

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