di Francesca Radaelli
Da tempo i Re Magi marciavano verso Betlemme in groppa ai loro cammelli, seguendo una cometa apparsa in cielo, portando con sé i doni destinati a Gesù Bambino. A un certo punto credettero di essersi persi, la stella sopra le loro teste, che li aveva guidati fino a quel momento, sembrava scomparsa. Bussarono allora alla porta di una casetta. Ad aprire fu una vecchina e i tre re chiesero a lei in che direzione fosse Betlemme. L’anziana signora non capì dove i Magi fossero diretti, aveva troppe faccende da sbrigare e li mise alla porta in tutta fretta.
I tre cercarono di spiegarle che era nato un bambino che avrebbe salvato il mondo. Per questo si erano messi in cammino, per giungere da lui e onorarlo con oro, incenso e mirra, doni degni di un re. Voleva la vecchia signora unirsi a loro? No grazie, rispose l’anziana donna, burbera e sbrigativa. Non aveva certo tempo da perdere lei, non vedevano i signori che era presa in mille faccende? I Re Magi non vollero insistere ulteriormente e si rimisero in marcia, lasciandosi alle spalle, dentro la casetta, quella vecchina tutta intenta a spazzare il pavimento.
Se non che, quando le tre figure regali sul dorso dei loro cammelli erano ormai scomparse all’orizzonte, la vecchia signora si pentì di non essere andata con loro a trovare quel bambino che doveva essere tanto importante. Preparò un cesto di dolci, uscì di casa e cominciò a cercarli. Ma i tre Re non si trovavano, lei era disperata, doveva assolutamente raggiungere il bambino e portargli anche lei il suo dono. E allora cosa pensò bene di fare la vecchina, in quella fredda notte d’inverno?
Decise di fermarsi ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando i suoi dolciumi ai bambini che vivevano lì, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù.
Questo racconta la leggenda popolare nata in Italia nel XII secolo, ma già gli antichi Romani credevano che nelle dodici notti dopo il solstizio invernale una figura femminile volasse sui campi, propiziando i futuri raccolti. Identificavano questa donna volante, così simile alla nostra Befana, con la dea Diana. Ma la Befana a cavallo della sua scopa assomiglia molto anche a una strega, a dire il vero. E fantocci vestiti con abiti logori simili a quelli della Befana venivano bruciati, un tempo, per propiziare l’inizio dell’anno nuovo. Forse proprio da questi falò arriva il carbone che la vecchina porta a chi non si è comportato proprio bene.
Solo i bambini italiani hanno la fortuna di ricevere i doni dalla Befana, il cui nome non è altro che una corruzione della parola Epifania, termine (che in greco significa “manifestazione”) con cui designiamo la festa che ricorda l’arrivo dei Re Magi a Betlemme.
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio fuori dall’uscio di casa occorre mettere scarpe o calze, in modo che la vecchietta possa cambiarsi sul lungo cammino. Proprio lì dentro la Befana, che in fin dei conti è una specie di strega pentita, ripone i suoi dolci, per la gioia di tutti i bambini.
E, se tutto è andato per il verso giusto, dovrebbe essere passata anche stanotte …