di Fabrizio Annaro, illustrazione a cura di Filippo Caletti
Qualche anno fa si diceva che il futuro fosse donna. All’indomani dello scoppio della pandemia, tre donne hanno dimostrato carattere, leadership e capacità di rivitalizzare il disegno europeista.
Dopo qualche tentennamento, Christine Lagarde ha rimesso sui giusti binari la Banca Centrale Europea. Ursula Von Der Layer, come una leonessa a difesa dei propri cuccioli, ha manifestato solidarietà concreta ai cittadini europei spendendosi per il piano di rilancio di tutta l’economia europea in particolare di quella italiana.
Anche Angela Merkel ha messo in campo tutta la sua vocazione europeista e si è battuta per un’Europa più unita e approvando ,insieme a tutti gli altri paesi europei, il Recovery Fund.
Tre donne nei punti chiave del governo europeo hanno traghettato il vecchio continente verso una nuova stagione.
Il disastro provocato dalla pandemia, ha trovato tre figure provvidenziali che hanno ridato slancio al progetto Europa e soprattutto all’Italia.
Oggi il nostro paese attraversa un momento molto delicato. Mi chiedo se questa crisi politica potrebbe essere risolta anche da un’azione attiva e autonoma dei leader femminili.
Purtroppo, fino ad oggi, non abbiamo segnali positivi.
Spesso notiamo che le scelte e le dichiarazioni di personaggi della politica femminile, fanno da eco alle strategie scelte e volute dai leader maschili.
Sono ancora vive le immagini di una recente conferenza stampa in cui un leader maschile, nel ruolo di protagonista, era affiancato da due ministre con ruolo di comparsa.
Nell’ambito della destra, l’onorevole Giorgia Meloni si contraddistingue per capacità autonoma, ma toni e linguaggio sembrano ricalcare uno stile maschile e “muscolare”, coerente alla tradizione storica della destra.
Credo che questo momento potrebbe essere una grande occasione, per far emergere una figura femminile capace di rilanciare la coalizione di sinistra.
L’alleanza PD e Cinque Stelle richiede la presenza di forze politiche costruttive, in grado di contribuire alla definizione di un programma di fine legislatura che sia espressione di una visione di rilancio e di ricostruzione del nostro paese.
Hanno fatto bene le forze dell’ex maggioranza ad indicare Giuseppe Conte come premier incaricato. Non farlo sarebbe stato un autogol.
Conte ha dimostrato ottime capacità diplomatiche, ha contribuito in maniera determinante al rilancio europeista. È stato protagonista del Recovery Fund e tutto sommato è riuscito ad arginare i drammatici effetti provocati dalla pandemia. Per questi motivi la popolarità di Conte e il gradimento degli italiani, almeno stando ai sondaggi, è ancora molto alta.
Il premier ha un altro merito: essere riuscito a traghettare il Movimento Cinque Stelle, o gran parte di esso, in ambito europeista. Un compito notevole tant’è che lui stesso, durane la conferenza stampa del 30 dicembre scorso, ha citato Aldo Moro ricordando le sue parole pronunciate nella drammatica seduta dei gruppi parlamentari della Dc del febbraio del ’78 culminata nella difficile decisione di aprire le porte della maggioranza ai comunisti di Berlinguer.
Oggi Conte, e con lui i cittadini del nostro amato paese, sente di “trovarsi sotto un dominio pieno ed incontrollato”, ostaggio dei veti incrociati e della complessità della situazione della nostra nazione, che si somma alla difficoltà di gestire partiti e movimenti con storie e obiettivi diversi.
Ho la speranza, così come è accaduto in Europa, che siano le donne i leader femminili ad entrare in scena e a trovare la via d’uscita. Come scrive la poetessa Amanda Gorman, intervenuta alla cerimonia di insediamento del neopresidente degli USA Biden, “c’è sempre luce se riusciamo a vederla” .