di Francesca Radaelli
Il monologo ‘Così tanta bellezza’ al Teatro Binario 7 di Monza
Un uomo normale, con una moglie, una figlia, un figlio, una bella casa, una macchina costosa ma non di lusso. E poi due telefoni cellulari, tre televisioni e tre computer, uno per la casa, uno per l’ufficio e uno per il… bagno, perché a volte capita di aver voglia di usarlo anche lì. Insomma un padre di famiglia come tanti, la cui vita scorre soddisfatta, scandita da una serie di abitudini a cui rinunciare è impensabile. Una vita in cui ogni cosa e ogni persona, dal capoufficio al dentifricio, sono ben incasellate e occupano un posto preciso in un quadro sempre appeso davanti agli occhi. Eppure forse questo non basta, forse la bellezza della vita sta altrove ed è ancora tutta da conquistare …
È in scena in questi giorni, fino a domenica 20 novembre, al Teatro Binario 7 di Monza lo spettacolo Così tanta bellezza, scritto, diretto e interpretato da Corrado Accordino, direttore artistico del teatro monzese che quest’anno ha lanciato un progetto culturale a sua volta incentrato sul recupero della bellezza e dall’eloquente titolo “La bellezza resta”. Dopo il debutto al Teatro Libero di Milano, lo spettacolo prodotto dal Teatro Binario 7 e dalla Compagnia La Danza Immobile torna a casa.
Unico mattatore sul palco è lo stesso Corrado Accordino che, circondato da una serie di fogli pendenti dall’alto, in un monologo magistralmente in equilibrio tra umorismo e amarezza, tra il buio e la luce, tra musiche rock e più soft, racconta ora in seconda ora in prima persona una storia in cui parecchi di noi potrebbero riconoscersi.
Una vita apparentemente ideale, forse un po’ nevrotica, in cui però sembra che manchi qualcosa, una sensazione strana che spinge il protagonista a cercare il silenzio o forse qualcos’altro quando la sera esce di casa a portare fuori il cane che non ha, a passeggiare con i suoi auricolari, la sua rubrica di numeri nello smartphone e la sua riservatezza. Frequenta un corso di teatro, sta per iscriversi anche ad uno di pittura, finisce nello studio di uno psicologo, fino a che sopraggiunge l’apparente ‘catastrofe’: all’improvviso non riesce più ad articolare parole di senso compiuto.
Solo ora la moglie Agata, il figlio Alfredo e la figlia Serena sembrano accorgersi di lui, uscendo dai loro mondi popolati di film di Canale Cinque, amici tossici e amicizie virtuali. Ma soprattutto solo adesso lui, il protagonista, mentre affiorano ricordi d’infanzia sporchi di gelato al mirtillo, sembra potersi accorgere finalmente che, come dice la poesia di Jorge Luis Borges, la vita è fatta di momenti da non perdere: “Se potessi tornare a vivere, cercherei di avere soltanto momenti buoni”, recitano i versi del poeta argentino. Ma forse, dice invece Accordino, forse siamo ancora in tempo, forse la vita, quella vera, quella fatta di momenti di bellezza può ancora cominciare. Perché, per usare invece le parole di Ernest Hemingway che il protagonista non è ancora riuscito a dire all’anziana vicina che incontra ogni giorno, siamo fatti di così tanta bellezza, ma forse “tutto ciò ti sfugge da quando hai deciso di essere tutto quello che non sei”.
Grazie a Corrado Accordino per ricordarcelo, attraverso questo monologo intenso, capace di mettere a nudo le debolezze delle nostre vite, ma anche di offrirci alla fine una speranza di bellezza.