La buona spesa

di Marco Riboldi

Qualche giorno fa abbiamo parlato di scuola e delle fatiche degli insegnanti e dei genitori nell’affrontare il periodo di chiusura dovuta al COVID 19.

Come promesso in quell’articolo, abbiamo scandagliato un altro lavoro che durante la chiusura è rimasto in prima linea, aiutandoci tutti: parliamo degli addetti della grande distribuzione.

Abbiamo posto alcune domande e qui, come sono pervenute, riportiamo le risposte, ringraziando per la disponibilità dimostrata (e per il lavoro svolto in quei giorni, in condizioni difficili, che rischiano purtroppo di ripresentarsi).

Quanta fatica e perché?

“È impressa nella mia mente per sempre domenica 23 febbraio 2020 quando ricevetti la chiamata della mia collega con la richiesta di andar a lavorare anche se ero di riposo, perché stava succedendo qualcosa che era peggio del Natale e, per chi lavora in un supermercato, le giornate che ti fanno avvicinare al Natale sono giornate concitate.

Da quel giorno sono iniziati momenti che si affrontano e si vivono con molta confusione,  partendo solo dal rifornire un negozio in cui le mensole erano completamente vuote, ma nel vero senso del termine.. latte vuoto.. pasta rimaste solo penne lisce.. farina finita.. acqua sparita.. chissà  perché la gente non ha acquistato la carta igienica!!

Ma quella domenica cosa esattamente stesse succedendo nessuno di noi, che stava lavorando, lo aveva capito e forse lo abbiamo capito dopo mesi, perché il nostro unico compito era alzarsi la mattina ed andare a lavorare.

Abbiamo cambiato il modo di far entrare i clienti e quindi glielo abbiamo dovuto insegnare, abbiamo cambiato il modo di aprire le casse, abbiamo cambiato il modo di parlare con i clienti, abbiamo cambiato il modo di interfacciarsi tra di noi.. sempre a distanza di sicurezza.

Abbiamo aperto ogni giorno con la consapevolezza di esserci e portare avanti quel pezzettino che competeva a chi vende beni di prima necessità.”

Quanta paura e perché?

“Paura.. è un termine che, nella mente di chi costantemente si sveglia fortunatamente per raggiungere il lavoro, è messo da parte. Ho affrontato e sto nuovamente affrontando questo periodo con la forza che è nascosta nei posti più oscuri del proprio corpo.

Ovviamente i primi giorni sono stati i più concitati, ma apprendendo le notizie e con il passare dei giorni ci si accorge e si capisce ciò che sta succedendo. Chiaramente la paura di assale, hai paura che pure tu ti possa ammalare e poi la tua famiglia? I tuoi genitori?

Ma devi reagire, devi lavorare, devi mantenere un ambiente di lavoro senza paura e ansia per colleghi e clienti, quindi la paura l’ho vissuta solo nei giorni in cui ero a casa di riposo, ascoltando i TG e ricevendo gli aggiornamenti: per il resto dei giorni quando entri al lavoro non ci pensi alla paura!

Te ne ricordi nei momenti in cui venivano a far la spesa medici, infermieri. Oss, tecnici di laboratorio e operatori degli ospedali in generale a cui ovviamente chiedi: come va?

Come si sono comportati ?

“I clienti hanno dovuto imparare a fare la spesa in maniera diversa. Hanno dovuto affrontare code per l’ingresso e aspettare minuti per la misurazione della temperatura. Hanno dovuto imparare a sentirsi dire: no, può entrare solo uno per famiglia.. e allora cosa facevano? Entravano con 2 carrelli e poi si riunivano appena varcato l’ingresso. Hanno imparato ad entrare da due punti diversi del supermercato e non capivano il motivo, ma poi ci davano ragione… ci hanno chiesto scusa quando creavano questa nuova parola: assembramento.

Per mesi non hanno potuto acquistare quaderni, penne, pile, ciabatte, giornali, mutande, magari anche per parenti in ospedale, ma hanno sempre capito il senso del divieto.”

Soddisfazioni?

“Ricevere i complimenti di alcuni clienti, ricevere aiuto dai tuoi collaboratori per gestire qualsiasi momento di vita lavorativa e ascoltare racconti dei tuoi colleghi di altri punti vendita.

Tipo: vi ricordate che giorno era il 19 marzo 2020? Beh, per la gran parte di noi è il giorno della colonna dei mezzi dell’esercito che recuperavano le bare a Bergamo perché noi il giorno dopo lo abbiamo ascoltato al TG… ma per chi abitava  a Bergamo quella notte stava iniziando la guerra con l’arrivo dell’esercito. Anche loro hanno scoperto solo la mattina dopo quello che stava effettivamente succedendo.”

4 novembre 2020

 

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