di Enzo Biffi
Il treno per Roma se preso da Milano ha la caratteristica di essere molto veloce, se preso in senso inverso già l’impressione cambia. Sarà che il ritorno è sempre un po’ faticoso.
Lo prendo spesso e spesso osservo i miei compagni di viaggio: un po’ per passatempo, un po’ per vizio antico. Assorti in letture da supporti informatici di varia natura, sembrano tutti molto concentrati sul da farsi. Gente che lavora consumando gli occhi su tabelle elettroniche tanto chiare a me quanto i geroglifici.
Poche, pochissime però sono le occasioni per scambi di parole. Le tre ore che separano dalla capitale risultano essere sufficienti per delineare qualche professione e qualche accenno di personalità dei vicini di sedia; origliando le conversazioni cellulari e sbirciando sui monitor… Un’idea, magari parziale, magari storta, ce la si fa.
Salgo, trovato il mio posto mi sistemo con calma, non ho fretta e il mattino sta arrivando poco a poco.
La visione è quella de ‘Il Piccolo Buddha’ o ‘Sei anni in Tibet’; sta li seduto e quieto come me, parallelo al mio sedile, un giovane asiatico di arancione vestito.
Sarò più preciso: trent’anni, statura medio-bassa, cranio rasato, occhi a mandorla, tunica arancione su camicia e pantaloni di lino bianco, e “scaldamuscoli” arancioni. Certo non sono gli stessi che usava mia sorella negli Anni Ottanta e sicuramente richiameranno qualche millenario simbolo religioso ma, capitemi, proprio non so come altro descriverli. Correda la figura una sacca in cuoio naturale appoggiata sulle spalle.
Inutile dire a quali luoghi comuni vola il mio pensiero… Armonia di vita, lentezza dello spirito, essenza delle cose, saggezza e meditazione e karma e… Mentre mi perdo nel labirinto della considerazioni frustranti sul mio modello di vita, un gesto del mio guru da viaggio mi spiazza un poco.
Armeggiando nella sacca in cuoio, estrae con la cura e lentezza che gli si addice… un computer con la nota mela luminosa. Posatolo sul tavolino, lo accende e intravedo la consueta tabella geroglifica.
Ora mi aspetto voi siate solidali con la mia delusione. Quantomeno dovreste condividere con me l’incoerenza fra il touchscreen e lo scaldamuscolo iconico millenario.
A questo punto, col treno già al cento all’ora e i miei pensieri appena dietro, arriva come una scossa l’ultima sorpresa. Dalla sacca dei miracoli compare una lattina di Fanta e, prima ancora di chiedermi – Ma con cosa diavolo fanno colazione in Tibet? – noto con piacere che il bianco-arancione della bevanda, si intona perfettamente con l’arancione-bianco del nostro amico. Ok – penso tanto forte che mi sembra lui possa sentirmi – ho visto abbastanza, ciascuno torni al proprio mondo, ricco, complicato, incoerente ed equilibrato, ciascuno abiti la realtà che crede, come crede.
Mi infilo le cuffiette e cerco il mio Nirvana… Quello di Kurt Cobain, naturalmente.